Detestava le interviste, eppure quando sentiva parlare di Napoli si scaldava il cuore. Parlava con piacere, per ore, ricordava persino i suoi passati da alpino (e di un tenente Taormina che lo aveva adottato durante la naja ma capace anche di dure punizioni nonostante lui fosse già una stella del calcio).
«Ho sempre adorato Napoli e i napoletani. La loro passione per il calcio, il loro amore per la squadra, la loro correttezza: e poi non sono andato mai via da una trasferta lì senza mangiare una zuppa di pesce da Zi’ Teresa»,
ricordava con garbo. Erano rimaste nel suo ricorda di calciatore la gare «‘ncopp ‘o Vommero con i tifosi a bordo campo e il presidente Lauro a urlarci contro. Noi eravamo forti, c’erano Hansen, Praest, Sivori e Charles. Poi dopo parlavamo tra di noi e ci dicevamo che se proprio dovevamo perdere una partita meglio a Napoli».
L’amico Comaschi, raccontava, terzino degli azzurri, lo portava il sabato pomeriggio, di nascosto a fare un giro per la città. E lui adorava scorsi come quelli di Piazza Municipio e Piazza Plebiscito. Incrocia spesso Napoli nel suo destino. Perché al San Paolo gioca l’ultima gara con la Nazionale. E c’era pure nel pomeriggio in cui venne inaugurato lo stadio San Paolo, il 6 dicembre del 1959. «Non feci gol ed è meglio così. Non volevo rovinare la festa a quel pubblico meraviglioso che era accorso in massa».
Si divertiva a raccontare la sua popolarità quando andava in giro per la città, una popolarità che probabilmente dava un po’ fastidio persino all’Avvocato. «Una volta con l’avvocato Agnelli percorremmo a piedi il tragitto dall’albergo che ospitava la squadra al porto, e tutti i napoletani che erano in strada in quel momento si accodarono formando una specie di processione, tutti dietro di noi. I tifosi riconoscevano più me che lui e urlavano il mio nome.Alla fine l’avvocato mi guardò e mi disse: “è meglio andare in giro con Soraya”». Poi, il potere della Juventus. Certo. La Juventus non riusciva a dormire per il fracasso dei tifosi sul lungomare alla vigilia di una sfida e lui alle 2 del mattino svegliò un ministro. «Era quello dell’Interno. Sapevo che era juventino e gli chiesi di farli smettere. Devo dire che dopo poco smisero».
Creò la Juventus meridionale che dominò in Italia negli anni Settanta, con i vari Furino e Anastasi, Brio e Causio, Virdis e Cuccureddu, Longobucco, Spinosi e Gentile. Scopre Cabrini e Rossi, è juventina l’ossatura dell’Italia che vince il Mondiale in Spagna.
In una delle ultime interviste al Mattino, forse solo per cavalleria, disse: «Se non lo vince la Juventus, spero sempre che sia il Napoli a conquistare lo scudetto». P. Taormina (Il Mattino)