Il compagno Sarri, i saluti romani degli ultrà laziali, il comandante, la presa del palazzo. Per Maurizio Sarri sembra quasi una maledizione. Qualsiasi cosa faccia, ci finiscono sempre “in mezzo” le sue non nascoste scelte politiche. Ha accettato la Lazio, ha parlato di contratto, rosa, staff, non certo di politica, svastica, del nonno Goffredo partigiano in Valdarno, del padre operaio dell’Italsider di Bagnoli, etc etc. Sarri siederà sulla panchina di quella squadra senza pensare a nulla se non al calcio, a come portare in alto la Lazio. Non gliene importa nulla di tutto il resto. Anche delle polemiche delle radio romane che cominciano a mostrare dei malumore per la scelta di Lotito. D’altronde Lotito va in giro con la scorta proprio perché colpevole di aver chiuso i rubinetti a quelli della Curva Nord che lo infangano con cori: infame, burattino. La Nord laziale è quella dello striscione Onore alla Tigre Arkan esposto nel 2000 in omaggio del leader paramilitare nazionalsocialista serbo Zeljko Raznatovic, scomparso pochi giorni prima. Sarri va avanti per la sua strada. Sarri sa cosa lo aspetta. Ma anche ai tifosi della Lazio sanno bene cosa li aspetta: due anni di spettacolo e di gol. Il sarrismo approda nella capitale. E c’è solo da far festa tra gli ultrà.
Il Mattino