Esattamente 53 anni fa, l’Italia vinceva gli Europei di calcio. A condurre la squadra al suo unico successo nella competizione, c’era il capitano Giacinto Facchetti, indiscusso talento calcistico e campione di fair play. Domani sera gli azzurri di Mancini inaugureranno il primo Europeo itinerante della storia del calcio giocando all’Olimpico di Roma contro la Turchia, e poco prima Gianfelice, figlio del grande campione, parlerà di ricordi, passioni e tifoserie attraverso le pagine del suo libro «C’era una volta a San Siro» (Piemme) con prefazione di Luciano Ligabue. E chissà che non sia di buon auspicio per un successo tutto azzurro.
GLI APPUNTAMENTI
Due gli appuntamenti con Facchetti, accompagnato da Adriana De Leva, coordinatrice regionale Inter club Campani che ha organizzato gli eventi, moderati da Emilio Vitozzi. Domani sarà nella palestra del campo comunale Santa Lucia di Cava de’ Tirreni alle 18, mentre sabato alle 10 al resort Baita del Re di Ottaviano.
L’autore racconta di protagonisti celebrati e dimenticati, derby rosso-nerazzurri, gol indimenticabili e annullati, partendo dallo stadio. Ma nel libro c’è anche qualcosa che non ti aspetti: Napoli. In «Ho visto Maradona», definisce il genio argentino «simbolo di una delle più belle storie del nostro calcio, l’utopia di una ridistribuzione della felicità più equa e giusta». Con una finestra sulla imperdonabile distrazione che costò al ragazzino Facchetti la maglia che il fuoriclasse del Napoli gli donò ma perse a una fermata dell’autobus. Un altro capitolo racconta di Giorgio Ascarelli, mecenate illuminato ed ebreo che da solo «ha dato a Napoli una squadra e un campo» poco noto alla tifoseria napoletana. Pagine di storia nobile, quando alla sua morte prematura gli intitolarono lo stadio, e pagine amare, come la rimozione del suo nome da parte del regime fascista nel timore che la Germania di Hitler durante i Mondiali in Italia del 34 potesse giocare in uno stadio dedicata a un ebreo.
A cura di Mariagiovanna Capone