C’è un sottile filo azzurro che lega Luciano Spalletti e Carmine Esposito. Quel filo è stato cucito sul cuore dal 1995 al 1998. Nel segno dell’Empoli, nel segno dei gol, nel segno dei successi. Un giovane Luciano guidava la squadra dalla panchina, un giovane Carmine faceva il resto in campo: a suon di gol. Su questo asse l’Empoli ha centrato la doppia promozione, dalla serie C alla serie A, conservata con i denti anche grazie a quelle 14 reti della stagione 1997-98 firmate da Carmine Esposito: napoletano doc.
E oggi che effetto le fa vedere l’amico Luciano sulla panchina del suo Napoli?
«In una parola: felicità. Perché sono anni che glielo dico di andare a Napoli».
Davvero?
«Ci sentiamo spesso e gli ripeto che è l’allenatore ideale per Napoli. Dentro sei toscano, ma sei anche napoletano, gli ripeto. Perché è un po’ come noi: il classico toscanaccio simpatico e allegro. Ma rimanendo una persona molto buona. E poi ha un pregio tipico dei napoletani: ti da il cuore. Non ti fa mancare niente, e ti fa star bene. Si innamorerà di Napoli di sicuro».
Che rapporto avevate?
«Eravamo come due fratelli, poi ognuno ha preso la sua strada. Ma racconto un aneddoto che dice tutto su quello che ci fosse tra noi. Mi presero all’Empoli per sostituire Melis e gli chiesero la differenza tra lui e me. Melis è il classico attaccante del nord perché va sul fondo e mette duemila palloni in mezzo, ,mentre Esposito è classico attaccante del sud: gli dai un pallone e fa gol. Da quel momento siamo diventati inseparabili: siamo cresciuti insieme, lui come allenatore e io come calciatore».
I ricordi della promozione?
«Quando sono arrivato eravamo ultimi, alla fine vincemmo il campionato».
Il segreto?
«Eravamo un gruppo, tutto merito di Luciano. Prima della gara decisiva dei playoff ci ha portati alle giostre a Empoli. Ammetto che a me davano molto fastidio allo stomaco, ma pur di stare con gli altri non mi sono tirato indietro. Ovviamente quella notte non ho chiuso occhio, sono stato malissimo. Ma poi il giorno dopo ho fatto il gol promozione».
Che tipo di allenatore era?
«Molto attento alla tattica, ma soprattutto un grande collante per il gruppo. La sua qualità principale è quella di tirare fuori il meglio dalle persone. Ci lasciava portare i nostri figli al campo per gli allenamenti e lui era il primo a fermarsi a giocare con loro. Ricordo gli anni di Empoli insieme con grande emozione e felicità».
Come siete rimasti dopo la fine dell’avventura a Empoli?
«Quando ho dato l’addio al calcio con una partita, avevo organizzato una cena per festeggiare. Ma non è stato possibile: Luciano ha voluto far tenere ospiti tutti a casa sua. È stato un gesto bellissimo».
Esprima un desiderio al suo amico Luciano...
«Il mio sogno sarebbe poter lavorare con lui per indossare la maglia del Napoli almeno un giorno».
Ma nel Napoli chi può essere il Carmine Esposito di Spalletti?
«A me piace molto Lozano. Ma anche lo stesso Politano può essere il nuovo Carmine Esposito del Napoli. Sono due giocatori straordinari e con Luciano faranno certamente molto bene, soprattutto in zona gol». B. Majorano (Il Mattino)