Un giovane allenatore, Gian Piero Ventura, un giovane giocatore, Luciano Spalletti. Era il 1985, si era in quella che oggi è la Virtus Entella. Successivamente allo Spezia, per poi rimanere legati praticamente a vita. Il destino ha voluto che adesso Luciano sia arrivato sulla panchina del Napoli di De Laurentiis, che come primo allenatore della sua presidenza scelse proprio quel Gian Piero Ventura poi destinato a diventare ct della Nazionale.
E allora oggi che effetto le fa vedere Luciano su quella panchina che è stata sua? «Ne sono felicissimo. Innanzitutto per lui, perché dopo due anni di inattività credo che abbia dentro una gran voglia. E poi Napoli è una piazza importante. Credo che sarà una soddisfazione reciproca, per l’allenatore e per la squadra».
Sotto sotto un po’ di libidine la prova? «Libidine posso dirlo solo io. Ma sì. Lo definirei un connubio stimolante: da libidine».
Cosa le piace di questo mix? «Dico già da un po’ che il Napoli ha una delle migliori rose degli ultimi anni 10, mentre Luciano ha una voglia matta di dimostrare e vuole riprendersi la scena».
Ecco, che allenatore è Spalletti? «È uno che si aggiorna in continuazione e non lascia niente al caso. E poi a Napoli sarà molto stimolato dai giocatori. Perché troverà ragazzi dal tasso tecnico elevatissimo. Penso a Insigne, Osimhen, Lozano, e lo stesso Politano che conosce dai tempi dell’Inter: sono giocatori che non si trovano tutti i giorni. Caratteristiche speciali. Avere talenti del genere gli darà grande eccitazione».
Si parla tanto del carattere di Spalletti: è un sergente di ferro? «Di sicuro ha un carattere forte, ma una piazza come Napoli ha bisogno di un allenatore con queste caratteristiche».
A Napoli troverà anche un presidente come De Laurentiis: lei lo conosce bene, come pensa che andranno le cose tra i due? «Sono due personaggi un po’ particolari, e quando ci sono due tipi così di solito viene fuori un cocktail interessante. Sarà bello vederli. Entrambi hanno lo stesso obiettivo, e questo dovrebbe aiutarli. Mi aspetto una collaborazione a 360 gradi e non ne ho dubbi. È anche l’augurio che faccio a loro e al Napoli. Anche perché sono molto legato affettivamente a Luciano e spero di venirlo a trovare per qualche partita degli azzurri».
Un rapporto che nasce da tempi lontani… «La preistoria, direi. C’erano ancora i dinosauri e quello era un calcio che non esiste più».
E che tipo era da calciatore? «Luciano era un ragazzo con grandi potenzialità, ha ottenuto un pochino meno di quello che avrebbe potuto».
Che rapporto avevate? «Non era mai allenatore-giocatore, ma tra persone e amici. Anche per questo negli anni è rimasto questo rapporto di stima e affetto reciproco».
E fuori dal campo che tipo era? «Era attivo. Pieno di vita. Altro non posso dirlo senza che mi autorizzi lui…», aggiunge con una risata.
B. Majorano (Il Mattino)