Carratelli: “Spalletti secondo a Roma, poi Zar. Ora nel regno di Aurelio”

Mimmo Carratelli racconta Luciano Spalletti “a modo tutto suo” e mediante l’intercessione di “qualcuno dall’ alto”. Lo si può leggere sulle pagine del CdS:

E poiché Antonello Venditti cantò nato sotto il segno dei Pesci, ed unità per noi che meritiamo un’altra vita, violenta e tenera se vuoi, il Signore fece Pesci Bruce Willis, Carlo Conti, Claudio Bisio, Sharon Stone, Daniel Craig che lo fece Pesci e 007, e Albert Einstein, George Washington, Niccolò Copernico e Michelangelo Buonarroti, e fece Pesci nel pallone Carlo Mazzone, Giovanni Trapattoni, Bruno Conti, Dino Zoff e Zico e, quando, l’acquario dei Pesci del Signore fu pieno, il Signore aggiunse nel giorno 7 marzo 1959 Luciano Spalletti, e lo fece Pesci, concittadino di Giovanni Boccaccio e figlio di un guardiacaccia a Certaldo, nella Toscana empolese, e gli dette il gusto del vino e della coltivazione della terra, e Luciano Spalletti ebbe nel tempo l’agriturismo La Rimessa a Fucecchio e la Società agricola Safe produttrice di vini, ed ebbe cavalli e porcellini. 

E il Signore apprezzò, e Luciano Spalletti crebbe intelligente e inquietante, perché era del segno dei Pesci, dominato da Nettuno, ed ebbe come colore favorevole tutte le sfumature del blu, l’acquamarina come pietra portafortuna, ed ebbe un forte bisogno di successo, e disse: “Oggi chiederò quello che voglio”.
Allora il Signore lo trasse dai campi della fatica e lo portò sui campi di calcio, e molti videro Luciano Spalletti sgambettare da centrocampista nel Cuoiopelli, nel Castelfiorentino, nell’Entella, nello Spezia, nel Viareggio e nell’Empoli finché ebbe poca gloria e 35 anni, e il Signore disse Luciano Spalletti ora smetti di giocare e allena.
Intanto, il Signore provvide che Luciano Spalletti avesse una famiglia perché fosse un uomo con la testa e una famiglia sulle spalle, e gli fece incontrare Tamara a La Spezia, e lo sposò a Tamara, e gli dette tre figli, il sensibile bestione Samuele, l’autoritario chitarrista Federico e la principessa Matilda. E questo avvenne nel golfo spezzino dei poeti dove Luciano Spalletti giocava a pallone senza incantare, ma incantato da Tamara che il Signore gli mandò. 
E nell’anno di grazia 1994 e di Lorenzo Jovanotti, affàcciati alla finestra amore mio, affàcciati al balcone, rispondimi al citofono, il Signore fece Luciano Spalletti allenatore a tempo pieno, ma anche esonerato e subentrante, e gli dette il colore della terracotta perché avesse una rispettabile abbronzatura di terracotta, e poi lo privò dei capelli perché avesse una autorevole sembianza calva di comando e incazzatura.
Empoli fu la terra del primo magistero calcistico di Luciano Spalletti perché così volle il Signore, e il Signore volle che Luciano Spalletti allenasse nella terra toscana, che era la terra di Luciano Spalletti. E Luciano Spalletti allenò e vinse e portò l’Empoli in serie A nell’anno 1997 che rivelò al mondo Harry Potter e assegnò il Pallone d’oro a Ronaldo quello vero, il brasiliano.
E Luciano Spalletti, giunto all’età dei 38 anni, si sedette alla tavola apparecchiata a pane e pallone, e c’erano Renzo Ulivieri col busto di Lenin e la panchina a Bologna, Eugenio Fascetti della Versilia che aveva appena scoperto Bari Vecchia e Antonio Cassano, Marcello Lippi secondo a Viareggio dopo Stefania Sandrelli e primo a Torino nella Juventus, il giovane Cesare Prandelli in prova a Lecce, il fiumarolo Emiliano Mondonico nato sulle rive dell’Adda e professore a Bergamo, il molto stilizzato svedese Sven-Goran Eriksson che sul colle laziale dei sette colli di Roma ebbe Nedved, Nesta, Roberto Mancini, Sergio Conceiçao, la moglie Ann-Christine Pettersson, l’amore di Ulrika Jonsson, la disponibilità di Yaniseth Alcides del Panama e Nancy Dell’Olio più di tutte ed ebbe una casa a Fregene.
E quelli furono i primi che Luciano Spalletti conobbe sulle panchine, e altri vennero dopo. E il Signore gli disse tu sarai Luciano Spalletti e sarai il migliore e il peggiore di tutti perché sarai Ghino di Tacco e di Punta e batterai la testa sul tavolo davanti agli scribi in omaggio al Signore.
E il Signore portò Luciano Spalletti alla Sampdoria e fu di blu cerchiato e lo fece esonerare, lo portò a Venezia e lo fece esonerare e lo ricompensò ad Ancona da subentrante, e lo portò a Udine perché là c’erano la luna e il Pozzo, Tonino Di Natale e Samir Handanovic. E quando lo trasse dal Friuli il Signore portò Luciano Spalletti a Roma per la maggiore gloria di tre secondi posti e tre milioni di sesterzi l’anno.
E a Roma per anni quattro e mesi tre il Signore dispose che per Luciano Spalletti fossero tutte rose e Campo dei fiori. E là Luciano Spalletti adottò Francesco Totti che era figlio di Enzo impiegato di banca e Fiorella governante e lo aveva messo alla luce del pallone Carlo Mazzone. E Luciano Spalletti rabbrividì alle ore tre e undici minuti della domenica 19 febbraio dell’anno 2006 quando il vecchio ragazzo di Forlì Richard Vanigli, armigero dell’Empoli, mandò in frantumi il perone sinistro di Checco e Checco, che era Francesco Totti, urlò di dolore e il Signore si commosse perché Luciano Spalletti fu l’amorevole zio di Checco, e Francesco Totti in quei giorni ebbe vicino a sè Luciano Spalletti e nella gamba una placca di metallo con otto viti.
Ma venne la fine d’agosto dell’anno 2009 e il Diavolo ci mise la coda e indusse Luciano Spalletti a lasciare la città di Roma, e il Diavolo mise al suo posto Claudio Ranieri perché Claudio Ranieri era romano del quartiere San Saba e a San Saba tutti lo chiamavano Er Fettina. E allora il Signore chiamò Luciano Spalletti e gli indicò la strada per San Pietroburgo, e così Luciano Spalletti raggiunse lo Zenit e vinse due volte il campionato, e ancora il Diavolo ci mise la coda e quando fu il marzo dell’anno 2014 lo fece esonerare spargendo la zizzania che non fosse troppo ortodosso.
E il Signore richiamò Luciano Spalletti nella città di Roma che era caduta nuovamente nelle mani degli americani e nelle mani dell’uomo del Massachusetts James Pallotta quando fu l’anno 2016, e niente era più come prima, e per Francesco Totti la vita cominciò a 40 anni, e il professore americano Jim Fiebig si chiese se la vita comincia a 40 anni che cosa finisce a 39.
E il Diavolo ci mise la terza coda e seminò il dissidio tra Luciano Spalletti e Francesco Totti, e Luciano Spalletti non fu più lo zio di Checco, ma fu Gianfranco Tognazzi che maltrattò Checco nella fiction speravo de morì prima, e il popolo del Testaccio disse che Luciano Spalletti era peggio di Gianfranco Tognazzi. E nella città di Bergamo Luciano Spalletti e Francesco Totti furono divisi da quattro giocatori mentre stavano per sbranarsi definitivamente, e Ilary Blasi del quartiere Portuense disse Spalletti è un piccolo uomo, punto. E il Diavolo con la quarta coda spense la luce la sera del 28 maggio 2017 quando Francesco Totti calciò l’ultimo pallone nell’ultima mezz’ora della sua vita giallorossa entrando al posto di Salah in Roma-Genoa.
E allora il Signore allontanò Luciano Spalletti dalla città di Roma e lo condusse nella città di Milano, nel quartiere indonesiano di Erick Thohir, e quando, detto Inter nos, il quartiere divenne il quartiere cinese di Zhang Jindong, il signor Zhang omaggiò Luciano Spalletti di un contratto di quattro anni a 4,5 milioni di sesterzi l’anno, ma dopo due anni lo esonerò, perché il Diavolo mosse la quinta coda, e Luciano Spalletti tornò a Certaldo, e il signor Zhang gli pagò gli altri due anni per restare a Certaldo.
E il Signore disse Luciano Spalletti ora hai sessant’anni, riposati a Certaldo e gira in bicicletta, ti ho dato tanto, ti ho dato due Coppe Italia e una Supercoppa italiana a Roma, due campionati russi, una Coppa russa e una Supercoppa russa, e Luciano Spalletti ringraziò il Signore e girò in bicicletta per le colline empolesi.
Ma il Diavolo mosse la sesta coda e consegnò Luciano Spalletti ad Aurelio De Laurentiis, e il Signore disse Luciano Spalletti fai il bravo, e il Signore disse Aurelio De Laurentiis fai il bravo, e il Signore convocò il Diavolo e disse Diavolo fai il bravo, non muovere la settima coda. E il Vesuvio brontolò e il Signore disse Vesuvio fai il bravo”. 

 

 

 

 

 

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