Nel 2005, il tecnico di Certaldo prende la guida dei giallorossi. Nella stagione precedente, la Roma è finita ottava, tra fischi e piazza in fermento. Spalletti arriva su consiglio di una vecchia gloria, Bruno Conti, sceglie il suo fulcro, Totti, ci costruisce attorno una squadra che colleziona tre secondi posti in quattro anni oltre a due edizioni della Coppa Italia. 224 partite, 121 vittorie ed un modulo, il 4-2-3-1 che rivoluziona la carriera di diversi calciatori. Simone Perrotta, su tutti, è il simbolo: grazie all’evoluzione maturata con Spalletti è arrivato a vincere un Mondiale nel 2006. Se dimostri di essere un uomo forte, hai un destino forte. Prima della Roma c’è stato l’Empoli portato in Serie A, c’è stata l’Udinese portata in Champions League per la prima volta nella sua storia (lanciando in quel triennio Handanovic, Pizarro, Di Michele, Di Natale, Jankulovski). Dopo la capitale, la Russia. A San Pietroburgo diventa Zar. Tra i tifosi dello Zenit (dove gioca molto spesso con il 4-3-3) ancora girano due immagini: Spalletti a petto nudo con un lungo rosario che sfida le rigide temperature per trionfare dopo una vittoria. Poi, la mitologica litigata con la tv russa per una gara dove furono concessi sette minuti di recupero. Troppi, dal suo punto di vista: quelli necessari a subire il pareggio. In Russia arrivano i primi due scudetti in carriera. P. Taormina