Lo stradone lungo lungo è fiancheggiato da vitigni di Lambrusco e dal silenzio. Rotto solo dal rumore delle acque del Panaro, che scorre sotto il ponte ai margini del paese. Bomporto, in Emilia, lì era nato Arnaldo Sentimenti, secondo di una famiglia nella quale il calcio era qualcosa che andava al di là della semplice passione. Cinque fratelli, tutti calciatori. Divenne il simbolo dinastico di un’era. Lui, Arnaldo, era per tutti Sentimenti secondo, detto “Noci”, non si è mai saputo perché. Il meno famoso dei due Sentimenti, entrambi portieri. Ciascuno dei suoi fratelli conservò un nomignolo. Ennio fu per tutti Sentimenti primo, Vittorio, il terzo della schiatta, divenne il “Cec”, Lucidio, il più celebre tra loro, il portiere che tirava i rigori, quello che giocò nella Juve, il “Cochi”, Sentimenti quinto fu per tutti” Pagaia”. Fu William Garbutt, il “Mister”, a notare Arnaldo. L’ inglese che aveva esportato il calcio dalla Manica allo stivale. E che da Genova Ascarelli aveva portato a Napoli. Un vaglia di 500 lire ed un biglietto per il treno direzione Napoli. Questo si vide recapitare un incredulo Arnaldo. Sua madre gli corse incontro mentre lui passeggiava tra quei filari di Lambrusco, nel silenzio. “Arnaldo, ti ha chiamato il Napoli”. E si ritrovò tra le mani una richiesta per un provino tra i pali con la società azzurra. Arrivò in città in un giorno di autunno. In giacca e camicia. Il solo vestito buono, quello della domenica, senza paletot. Roba da ricchi, e lui veniva dalla provincia contadina. Soldi pochissimi, il necessario lo produceva la terra. Il provino fu un incubo. Attila Sallustro, Buscaglia, quello dal tiro come una “pietra lanciata da una fionda”, e Ferraris, che l’Inter rese famoso, messi lì a bersagliarlo. Non ne prese una, Arnaldo, eppure vide Garbutt sorridergli. Una pacca sulla spalla, e l’ ingaggio, come secondo di Cavanna, che ai mondiali di Roma aveva difeso la porta italiana. Il “giaguaro”. Piazzamento, presenza e l’innato istinto di Garbutt nel trovare campioni, così Sentimenti secondo entrò nella storia del Napoli. Un giorno, durante un allenamento, Ascarelli, il presidentissimo, si presentò all’allenamento e lo vide arrivare, Arnaldo, nel freddo, vestito solo con la sua giacchetta. Gli regalò mille lire, ed un “buono” di altre mille da spendere presso Armenio, negozio di via Roma, che fece la moda dell’epoca, Armenio che conservò la sua pubblicità sul San Paolo negli intervalli delle partite fino all’inizio degli anni ’80. “Armenio e Arianna, Arianna e Armenio, tutto per la moda”, diceva una voce appena stentorea da qualche parte nel ventre dello stadio. Mentre i caffè Borghetti scaldavano i tifosi. Due abiti, tre camicie, scarpe, ed un cappotto nuovo fiammante. Arnaldo scoprì l’eleganza. Il danaro lo spedì a casa. E tutti seppero, a Bomporto, che adesso quel ragazzo con il pallone nel sangue, giocava nel Napoli. Fu al Vomero, sulla collina, che incontrò sua moglie. Arnaldo, con il suo cappotto nuovo, e due lire in tasca. La donna, dicono, più bella della città. Emilia, naturalmente. Per uno nato sulla via Emilia il solo nome di donna possibile. Che amò incredibilmente. Intanto aveva esordito in prima squadra, e poi si era guadagnato il posto in pianta stabile. Cavanna aveva abdicato. Piano piano, parata dopo parata. Specialista nel neutralizzare calci di rigore, Arnaldo Sentimenti, detto “secondo”, detto non si seppe mai perché, ” noci”. Trentasei in sei anni in maglia azzurra. Una cifra mostruosa. Detenendo un record ancora imbattuto nella massima serie. Dodici rigori parati consecutivi. Calciati da gente del calibro di Meazza e Piola. Ed Annibale Frossi, che giocava con gli occhiali, tenuti da un elastico, perché era totalmente miope. Frossi che puliva le lenti con la maglietta, prima di calciare dagli undici metri. Fu suo fratello Lucidio, “Sentimenti quarto”, ad infrangere quella serie. In un Napoli Modena, 2 a 1. Quando agli emiliani fu concesso il tiro dagli undici metri, nessuno voleva calciare. Erano tutti terrorizzati dalla fama di Arnaldo. Fu allora che si presentò a batterlo Lucidio Sentimenti. Quello che militò nella Juventus, quello che fu il solo a giocare in una partita della nazionale assieme all’ incredibile blocco composto da dieci giocatori del grande Torino. Italia Ungheria, 3 a 2 nel Maggio del ’47. Sentimenti quarto, il portiere che i rigori li tirava. “Tira via le braccia che te le spezzo”. Gli disse prima di calciare. E segnare. Pare che Arnaldo lo inseguisse per il campo, piccato per il gol che gli levava il record. Galeotto fratello. Tra l’ ilarità generale. Non fu il solo record detenuto da Arnaldo Sentimenti. Prima di Castellini, Sentimenti secondo tenne la sua porta imbattuta al Collana per ottocento minuti. Entrando nella storia. Non andò mai più via da Napoli. Restò lì, comprando casa a Via Scarlatti. Da dove scendeva, negli anni sessanta, per recarsi al San Paolo a vedere gli azzurri. Emilia lo salutava dal balcone. Fino a quando lo scorgeva. Negli occhi il sorriso colmo di amore. Emilia ed Arnaldo, con Napoli a fare da sfondo. “Sentimenti” possibili solo qui, in questo luogo.
Stefano Iaconis