L’editoriale di Giordano sul CorrSport:
“Mentre si stavano bruciando cinquanta milioni di euro ed erano state appena accese le settantadue candeline sulla torta del compleanno, Aurelio De Laurentiis si è sistemato al centro dei propri pensieri, ha evitato di tormentarsi per quella «improvvisa» fuga di capitali dal bilancio del proprio Napoli ed ha guardato nelle tenebre per scorgerci un filo di luce e pure d’aria: chiuso un ciclo, e senza infingimenti, meglio spalancarne un altro che aiutasse a costruirsi l’idea d’un progetto che potesse appartenere a un «visionario» della prima ora. Come in un film riuscito (quasi) sempre bene, e talvolta pure benissimo, Adl ha ripetuto lucidamente alcune scene del passato, ha scavato con freddezza nel gigantesco archivio del calcio, ha messo assieme – fotomontando – identikit e natura, infine ha osato: lo fece con Benitez, scegliendo un profilo altissimo per tuffarsi nel processo di internazionalizzazione; volle ripetersi due anni dopo, quasi con un «azzardo», perché abbagliato dalla musicalità del football di Sarri; andò persino oltre, regalandosi poi Ancelotti e una statura universale; e stavolta, dopo aver attraversato analiticamente mezza Europa, e sfiorato – anzi toccato – Massimiliano Allegri, s’è affidato all’istinto di cui un manager deve appropriarsi e che Sergio Conceiçao gli ha stimolato con il Porto e quella «garra» che il Napoli ha smarrito non solo in 90’ ma pure in nove sconfitte dolorose e decisive. La vita d’un club dipende dalla proprie disponibilità e tra avere e non avere cinquanta milioni passa una differenza abissale, certo non trascurabile: però c’è il passato che insegna e la solidità economica, a cui hanno attentato il Covid negli ultimi sedici mesi e il «fallimento» tecnico di questa stagione, si trasforma in risorsa da fondere con le idee, da lasciare sgorgare dento un’era nuova, a modo suo rivoluzionaria. De Laurentiis si è imposto una terapia d’urto pure stavolta, ha filosoficamente analogie con le scelte più recenti, è di «rottura», rompe gli schemi e anche le convenzioni, non è fashion – o magari sì, perché il portoghese va terribilmente di moda – ma riflette l’indispensabile necessità d’un cambiamento e trancia quel senso di vittimismo. Non c’è una luna verso la quale urlare, ma un orizzonte da scoprire, evitando di rovistare nelle tasche, mica nella testa”.
Fonte: CdS