Il doppio ex Daniel Bertoni: “Non giocai tanto con Maradona perchè litigai con allenatore e Dg”

Dici Daniel Bertoni e dici Fiorentina e Napoli. «Il mio cuore è sempre diviso quando c’è questa partita. Sono eternamente grato alla Viola che mi portò in Italia, ero al Siviglia e avevo una gran voglia di confrontarmi con il calcio dei campioni del mondo. Sono stato benissimo lì così come sono stato magnificamente a Napoli, ci arrivai con Diego ma purtroppo andai via prima della conquista dello scudetto».
Perché?
«Litigai con l’allenatore Ottavio Bianchi e con Italo Allodi, che stava allestendo lo squadrone del futuro, fu un problema personale più che calcistico. Ricordo che andai a trovare Allodi in ospedale, poco prima che morisse: mi chiese scusa ma io gli risposi che non importava e che il calcio è anche questo».
Il ricordo più forte con il Maradona napoletano?
«Le punizioni. In allenamento o in partita, era sempre la stessa storia. Ogni punizione portava con sé discussioni infinite, entrambi volevamo calciarle sempre. Nessun litigio, alla fine si trovava la soluzione giusta».
C’è Fiorentina-Napoli, si gioca soltanto per la Champions.
«La Fiorentina non è andata bene, ha vissuto una stagione difficile ma alla fine ha portato a casa l’obiettivo minimo. Il Napoli ha pagato i mesi invernali, peccato perché poteva competere con lo scudetto e invece ha peccato di continuità. Si è riscattato negli ultimi due mesi con una rincorsa straordinaria».
Veniamo al punto: chi vincerà?
«Quando c’è questo match vorrei che nessuna delle due squadre perdesse. Ma non so se il pareggio questa volta potrà bastare al Napoli. Dipende da quello che accadrà stasera tra Juventus e Inter».
Chi rischia maggiormente?
«Il Napoli, perché ha tutto da perdere. La Fiorentina è libera mentalmente, ha raggiunto la salvezza e questa potrà essere un’arma a doppio taglio, nel senso che i viola giocheranno con la testa sgombra da pressioni. Però potrebbero essere anche meno appagati e stimolati».
Lo stimolo del Napoli può essere in parte condiviso: far fuori la Juventus dalla Champions.
«Ripeto, la Fiorentina giocherà per niente, il Napoli ha un grande traguardo da raggiungere. Poi si sa che tra questi club e queste città c’è una rivalità enorme con la Juventus, per le due tifoserie sarebbe una goduria enorme veder perdere i bianconeri. La partita però va giocata e tra la tranquillità della Fiorentina e l’ambizione del Napoli, dovrebbero prevalere gli azzurri».
C’è ruggine eterna tra Firenze e la Juventus.
«A me lo dici? Nell’82 persi uno scudetto perché accaddero delle cose strane, noi facemmo un gol regolare a Cagliari mentre a loro venne concesso un rigore inesistente a Catanzaro. I fiorentini dicevano: meglio secondi che ladri. Ma io avrei preferito essere ladro piuttosto che secondo. Meritavamo quello scudetto, lo perdemmo di un solo punto. Da allora, i rapporti sono stati sempre pessimi, poi negli anni ci sono stati i casi dei trasferimenti di Baggio e Chiesa in bianconero a peggiorare la situazione: una cosa è certa, a Firenze sono felici quando la Juve perde».
Potrebbe esserci ruggine pure per il risultato dell’andata?
«Ogni gara fa storia a sé, a Napoli la Fiorentina era nel momento peggiore della stagione mentre la squadra di Gattuso viaggiava tra alti e bassi. Forse dai viola ci si poteva aspettare qualcosa in più, il loro è stato un campionato deludente».
A proposito di Gattuso, pare che vada proprio a Firenze.
«Vediamo, ne sento parlare anch’io. Potrebbe essere il profilo giusto per rilanciare una formazione giovane e con maggiori motivazioni».
Tra questi giovani c’è Vlahovic. E nel Napoli sta esplodendo Osimhen.
«Una partita nella partita, immagino che sia il duello più interessante. Si tratta di due attaccanti con caratteristiche differenti ma molto forti. Mi piacciono entrambi, Vlahovic possiede grande forza, Osimhen ha una velocità pazzesca, rappresentano il futuro di queste due formazioni e saranno protagonisti del prossimo campionato».
Comunque, la partita va giocata a prescindere dai sentimenti.
«Sempre. E il Napoli può farcela se gioca come sa».

Angelo Rossi (Il Mattino)

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