Aleksander Ceferin (pres. Uefa): “C’è bisogno di squadre come l’Atalanta. Non aboliremo il fair play-finanziario”

Il presidente dell’Uefa Aleksander Ceferin prosegue nelle sue critiche verso la Superlega e anche nella giornata di oggi ne ha dette di ogni.  “Grazie alla ECA e ai club, ci sono state tensioni ma siamo riusciti a uscirne lavorando insieme. E grazie alle leghe europee, siamo parte della stessa squadra. Grazie ai giocatori per la risposta che hanno dato in una situazione complicata: avete capito che c’è in gioco il futuro del calcio professionale. Grazie ai supporter, che hanno dovuto trasmettere la propria passione da lontano: i nostri stadi sono vuoti da troppo tempo. È chiaro che il calcio non sia lo stesso senza i tifosi. Il calcio è unico, non è solo un unico e va oltre la passione. Quando è tornato ha ridato alla gente le proprie coordinate di vita. È un po’ come se sia stato la luce alla fine del tunnel. Questa crisi ci renderà più forti che mai, perché le nostre competizioni hanno ridato speranza quando il mondo era nel suo momento peggiore. Ringrazio chi ci ha consentito di completare la stagione e chi ha permesso ad altri club di giocare nei propri stadi. Questa si chiama solidarietà: noi ce l’abbiamo, altri no. Siamo stati uniti, abbiamo risposto, siamo stati presenti. Ma ora dobbiamo essere resilienti e dimostrare che usciremo più forti da questa crisi. Anzitutto, organizzeremo un fantastico Europeo: voglio ringraziare le nazioni ospitanti e le loro istituzioni che stanno lavorando per avere un Europeo il più normale possibile. Un’altra minaccia riguarda la sostenibilità finanziaria. Ripeto che usciremo più forti da tutto questo. Ho letto da più parti che vogliamo abolire il Fair Play Finanziario: non è vero, assolutamente. Dobbiamo però adattarlo alle nuove esigenze e proteggere chi sta investendo nei club, correggendo alcune delle ingiustizie che il FPP può aver portato in alcune circostanze. Lo faremo. Usciremo più forti da tutto questo. C’è stato un cambiamento negli ultimi anni, a livello semantico e ideologico, accelerato dalla crisi che stiamo vivendo. Un cambiamento che ignora quello che accade sul campo, che ignora il merito sportivo. Va fermato immediatamente. Sappiamo che ogni tentativo di creare un nuovo sistema nasce dal vocabolario. Per qualcuno, i tifosi sono diventati clienti e consumatori, e le competizioni sono diventate prodotti. Guardano alle scommesse e al numero dei follower sui social, ai prezzi. L’eliminazione dalla Champions League per alcuni non è un fallimento sportivo, ma un rischio industriale che non vogliono più correre. L’obiettivo per alcuni non è riempire la bacheca di trofei, ma il proprio acconto bancario. Il disprezzo sta rimpiazzando l’etica, l’egoismo sta rimpiazzando la solidarietà. Alcuni CEO cambiano i propri club come cambiano magliette. L’avidità sta diventando più importante della passione. Si definiscono sempre proprietari. Ma di cosa sono proprietari? Il calcio appartiene a tutti, o non appartiene a nessuno. Fa parte del nostro bagaglio culturale. Noi come UEFA siamo custodi di un’idea: disputare una competizione che tutti possono sognare di vincere. Bisogna rispettare le tradizioni, la storia, gli altri. Questo significa molto. Qualcuno dice che dobbiamo copiare un altro modello per sopravvivere. Ma c’è un motivo se l’Europa guida il calcio, perché si basa su un modello chiaro, fondato sulla diversità.Le competizioni UEFA hanno bisogno delle storie di squadre come Atalanta, Celtic, Rangers, Galatasaray. Abbiamo bisogno di questi club, la gente deve sapere che tutto è possibile, che tutti hanno un’occasione di vincere. I grandi club di oggi non sempre lo sono stati e non c’è garanzia che lo saranno in futuro. Il calcio è dinamico e imprevedibile. Questo lo rende un gioco così tanto bello. Dov’era il Manchester United prima di Sir Alex Ferguson? E dov’era la Juventus? Era in Serie B. Se i club che controllavano il calcio qualche decennio fa avessero deciso di fare una Superlega, come sarebbe stata? Ci avrebbero partecipato il Nottingham Forrest, il Porto, la Stella Rossa. Il calcio cambia e i grandi club di oggi devono capire che se sono grandi è merito della UEFA, che ha protetto la competitività e il merito sportivo. Senza la UEFA, chissà dove sarebbero. Alcuni proprietari stanno approfittando della situazione, cercano di privatizzare il calcio. Ma noi siamo pronti. Ce lo aspettavamo, non sapevamo solo quando sarebbe accaduto ma non è stato una sorpresa. Abbiamo una visione, a cui lavoriamo da anni ormai, e abbiamo il supporto di tanti club, compresi alcuni grandissimi club che rispettano il gioco. Voglio ringraziare Nasser Al-Khelaifi (patron del PSG), come anche Karl-Heinz Rummenigge (Bayern Monaco) o Jean-Michel Aulas (Lione), nonché José Castro Carmona del Siviglia. Abbiamo parlato ieri e le nostre visioni sono uguali. Grazie a tutti voi per stabilizzare il gioco rispetto alla minaccia di poche persone. Siete dei veri amanti del calcio. Ora vorrei parlare dei proprietari di alcuni club inglesi: signori, avete fatto un grande errore. Qualcuno dirà che si tratta di avidità, altri di ignoranza della cultura calcistica inglese. Non importa. Siete ancora in tempo a tornare sui vostri passi. I tifosi inglesi meritano rispetto. Ieri ho ricevuto una mail da un tifoso inglese, Trevor: sostiene il Tottenham e qualche anno fa mi ha chiesto se potevo trovargli dei biglietti per la Champions, perché lui e la sua famiglia erano grandissimi tifosi. Lo facemmo. Se leggeste la lettera che mi ha scritto ieri, vi mettereste a piangere. Tutti i governi sono con noi, tutti i tifosi sono con noi, tutti i cittadini sono con noi. Solo alcune persone avide sono dall’altra parte. Gli permetteremo di rubarci il calcio? No, state tranquilli. Non lo consentiremo. A Trevor dico che lotteremo con lui e per lui, che non possiamo perdere questa lotta. La visione post 2024 non è un compromesso, ma un progetto ambizioso e condiviso, una visione. Con queste riforme stiamo disegnando il futuro del calcio, mentre qualche egoista vuole rovinarlo. In momenti di crisi, si può scegliere tra il proprio interesse e la solidarietà. Noi scegliamo la solidarietà ed è una scelta giusta, di cui non ci pentiremo mai”.

La Redazione

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