Amarcord – Rubrica di Stefano Iaconis: “In principio fu il futbóll”

La brezza fa frusciare il mazzetto di biglietti ordinatamente disposti dinanzi a lui. Li disperde. Aniello li riordina e li ricompone. Non sono molti, pensa guardandosi intorno. Li ha venduti quasi tutti, per la gioia di Mr. Potts, l’armatore inglese che ha la sede della Potts & Company, al Porto, e del Cavaliere Caracciolo. Loro hanno organizzato la partita, lì sul piccolo campetto in polvere e radi ciuffi d’erba, alle spalle di un luogo chiamato “Campi Flegrei”, in mezzo ad uno spiazzo di terra che da sulla campagna circostante. Dopo una certa ora del giorno arriva distintamente fin lì il puzzo della Solfatara, distante un paio di chilometri a nord. La partita tra una rappresentativa cittadina, che hanno chiamato Naples, in onore ai marinai della nave inglese attraccata qualche giorno prima al molo Beverello, e quegli stessi marinai. Che fanno da avversari. Aniello al mattino porta il giornale a casa Caracciolo, ed aspetta giù che il cavaliere, un uomo rubicondo e dai grandi baffi impomatati, il ventre prominente, ed il bastone dal pomo d’oro, gli dia qualche altra incombenza. Per guadagnarsi qualche tornese. Lo hanno messo a vendere i “tickets” come li chiama Mr. Potts, con quella sua parlata strascicata, buffa, nella quale mescola l’inglese con le tante parole napoletane che conosce. Pure quando lo chiama, lo storpia, in un “Aniaello” con quella “e” larga nel dittongo che allunga il suo nome e che fa sorridere Aniello. Lo fa sentire importante. Quasi tutti venduti, per mezza lira l’uno. Ai bordi del campo c’è un sacco di gente, arrivata a piedi, in bicicletta, ma anche in auto, con tanto di autista in livrea, parcheggiate nel tratto di terra antistante il campo. Caracciolo e Mr. Potts stanno vicini vicini, il sorriso stampato sul viso, fregandosi le mani per l’incasso, ma lui, Aniello gongola per altro, seduto al suo tavolino di legno sbilenco, le cui gambe affondano nel terreno. Perchè quelli con la maglia azzurra a strisce orizzontali bianche, stanno, incredibilmente, sconfiggendo i marinai inglesi. Gli spocchiosi marinai che Mr. Potts ha presentato come i depositari del nuovo gioco che sta impazzando in città, ” ‘o futtbóll”. Aniello è avido del nuovo gioco. Al mattino del lunedì, all’edicola sull’angolo di Via dei Mille, dove suo padre tiene la piccola bottega di arrotino, che serve anche il Cavaliere Caracciolo, compra il Gazzettino Sportivo, e si legge i risultati. Le formazioni. E sogna che un giorno il Genoa, il favoloso Genoa di Renzo De Vecchi, possa venire a giocare a Napoli, sul campetto che sta a Capodichino. Il Naples sta incredibilmente vincendo per tre a due e mancano pochissimi minuti alla fine. Ai bordi del rettangolo disegnato con linee irregolari, uomini in redingote e cilindro, gridano scompostamente, rossi in viso, accompagnando il movimento del rozzo pallone di cuoio, che corre per il campo inseguito da uomini in mutandoni, retina tra i capelli e giarrettiere. Alcuni calciatori del Naples calzano scarpe prestate dai marinai. Qualcuno esibisce galoshes da passeggio. Uno calza un paio di stivali da cavallerizzo sotto calzoni strettissimi. Donne con ombrellini e mantelle schiamazzano saltando con urletti indignati ogni volta che la palla rimbalza tra le loro gambe uscendo dal terreno di gioco delimitato da rozze righe bianche tracciate a mano con il gesso. Aniello, seduto al banchetto, si muove nervosamente. Vede il portiere inglese, con il viso coperto da un berretto di tweed, le mani nei fianchi, percorrere pensieroso la sua area di rigore. La sedia che si era portato dietro ad inizio partita, e sulla quale era stato comodamente seduto, nei primi dieci minuti, gli unici nei quali i marinai di Sua Maestà avevano tenuto possesso del pallone indisturbati, osservando lo sviluppo del gioco, giace adesso abbandonata vicino ad uno dei pali in legno scheggiato, lievemente inclinato all’indietro, ed asimmetrico. Appena il Naples aveva segnato la prima marcatura, con Schiavone, quello alto alto, dai piedi enormi, che fa lo scaricatore di merci al porto, e che quando tira, fa un rumore, incontrando il pallone, che sembra il rombo di un tuono, per quanto è violento, la sedia era stata abbandonata. Gli inglesi, che due settimane prima avevano dato una lezione ai fortissimi giocatori del Genoa football & cricket club, campioni d’Italia di calcio in carica, battendoli per 5 a 3, stanno schiumando rabbia sul terreno di gioco. Non credono ai loro occhi. Hanno rimontato due volte, ma il Naples è stato capace di segnare ogni volta di nuovo. Sempre con Schiavone, che sembra abbia dentro il fuoco del Vesuvio, eruttato dentro i suoi giganteschi piedi. Ne ha fatti tre. Oramai manca pochissimo, alla fine, ma l’arbitro, che pure è inglese, e viene dall’equipaggio della nave, ha detto che conteggerà il tempo che serve ogni volta che la palla, calciata verso una delle due porte, finisce lontano, in aperta campagna e deve essere recuperata. Una volta è terminata in un cespuglio di rovi, e si sono persi quasi cinque minuti. Aniello vede Schiavone impossessarsi della palla, dare una spallata ad uno dei marinai con la maglia rossa, gettarlo in terra e filare verso la porta, inseguito da un nugolo di avversari, ed accompagnato dalle grida di quelli a bordo campo. Quando arriva poco dentro l’area, calcia, sollevando uno spruzzo di polvere, terriccio e pietra. La palla viaggia veloce verso il palo nei pressi del quale c’è la sedia ripiegata. La colpisce in pieno e rimbalza fuori. Aniello scatta in piedi, mentre intorno a lui tutti gridano sollevando le braccia. “Gol, è gol!” Urla, imitato dalla folla. “Gol, gol”, è un solo grido, mentre gli inglesi roteano il dito indice per aria indicando che no, non è gol. L’arbitro ci pensa su, e poi grida anche lui: “Not gol”! Quelli del Naples lo circondano. Aniello è indignato. Allora Schiavone mentre tutti protestano, va verso la palla rimasta lì, incustodita, tra i ciuffi di erba pestata, e la tira di nuovo verso la porta rimasta vuota. La sfera varca la linea e corre verso una pozza alle spalle della porta, finendoci malinconicamente dentro. Tutti esultano, mentre l’arbitro stavolta grida: “Yes, gol”. In un attimo si scatena il putiferio. Pure Caracciolo, tirando per la manica Mr. Potts che sorride ma si torce un baffo, in un gesto di insofferenza, si scalmana. Aniello esulta vedendo l’arbitro agitare le braccia e gridare “Finish, finish”! Gli inglesi, sconsolati, le braccia lungo i fianchi, si guardano intorno, mentre quelli in azzurro si abbracciano. E’ un mattino di aprile dell’anno 1904. A Napoli è nato il calcio. Aniello grida, “Forza Napoli”, gli occhi scintillanti di gioia. E sogna, un giorno, di battere il Genoa.

Stefano Iaconis

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