È stato tra i grandi padri fondatori dell’Osservatorio nazionale sulle Manifestazioni Sportive. Il prefetto Francesco Tagliente è sempre voce autorevole e da ascoltare in tema di sicurezza. Il rientro del pubblico negli stadi italiani sta diventando un tema scottante:
Stadi aperti se controllati e sicuri anche dal punto di vista sanitario. Si può? «Il nuovo impulso dato alla campagna di vaccinazione, con l’annuncio che a fine giugno potrebbe essere vaccinata la metà della popolazione, ci consente di iniziare a pensare a riaperture graduali ad alcuni eventi, mi riferisco per rispondere alla vostra domanda proprio alle partite di calcio, ed attività economiche. Questo, naturalmente, se l’andamento dei dati epidemiologici consentirà di farlo in sicurezza».
All’orizzonte dalle nostre parti abbiamo l’Europeo di calcio e le gare di Roma. Una grande occasione. «In vista dell’auspicabile riapertura graduale degli stadi, diventa importante verificare sul campo le potenziali criticità in fase di gestione. La disponibilità di un organismo come la Federcalcio, in vista degli Europei, a fare un investimento importante con un protocollo severo, potrebbe rappresentare una garanzia, anche per un primo test. Naturalmente sotto la valutazione e la responsabilità delle autorità sanitarie competenti. Ma mi sembra una ipotesi assolutamente praticabile».
Peraltro gli stadi, per la loro dotazione tecnologica, si prestano alla mappatura degli spettatori anche a fini sanitari. Non crede? «Biglietti nominativi e identificativi del posto a sedere caricabili anche su smartphone, fidelity card, steward addestrati, ingressi idonei al controllo della temperatura con termo scanner. Sì, parliamo senza dubbio di un luogo già allenato per avviare una sperimentazione».
Insomma, è una strada percorribile? «Sì. Penso che si potrebbe iniziare a consentire un ritorno graduale degli spettatori, con prenotazione e preassegnazione dei posti a sedere, iniziando da chi è stato sottoposto alla vaccinazione completa o è in possesso di un certificato di test negativo al Covid-19 rilasciato nelle 48 ore precedenti. E poi misurazione della temperatura e test antigenici rapidi eseguiti sul posto».
Forse bisognerebbe ragionare anche su una rimodulatura degli orari di ingresso? «Scaglionare l’orario di arrivo allo stadio permetterebbe di organizzare il controllo per il rigoroso rispetto delle misure, dal distanziamento fisico all’uso delle mascherine Ffp2 e l’igienizzazione delle mani. Penso anche alla opportunità di vietare la consumazione di cibo sugli spalti: una accortezza in più, in una prima fase direi valutabile».
Il passaporto vaccinale può spianare la strada in questa direzione, rappresentare una garanzia in più? «Non ci sono più dubbi. Nell’Unione Europea potrebbe diventare realtà dal 15 giugno e garantire maggiore libertà di movimento. E anche negli Stati Uniti si sta lavorando in questa direzione. Il commissario europeo all’Industria Breton ha annunciato che dal 15 giugno il certificato digitale o cartaceo Ue, non obbligatorio, indicherà il vaccino ricevuto, la guarigione dalla malattia e la presenza di anticorpi. Questo per salire in aereo, viaggiare con maggiore facilità, partecipare ad un evento di massa e riprendere una vita ‘normale’. L’amministrazione Biden negli States sta pensando al passaporto sotto forma di app per il cellulare e chi non ha uno smartphone potrà stampare il documento».
A cura di Fabio Massimo Splendore