Rispettato dallo spogliatoio, ben voluto da Diego. Alessandro Renica è stato uno degli ultimi “veri” liberi del calcio italiano. Oggi, quando parla del Napoli lo fa con la passione che ancora lo lega a squadra e città. Nei ricordi di “chi c’era”, restano indelebili due gol straordinari, storici perché entrambi rifilati alla Juventus, entrambi al San Paolo. La punizione da 30 metri nell’anno del primo tricolore, con palla finita in mezzo alle gambe di Tacconi. E poi il tuffo di testa al minuto 120 nei quarti di coppa Uefa, i quasi novantamila del San Paolo erano rassegnati ai rigori, il boato al gol di Renica fece tremare Fuorigrotta come poche volte nella storia. «Da giocatore ho vissuto un sogno fantastico: lo ammetto, sono stato fortunato. Quale calciatore non avrebbe voluto giocare al fianco del più grande? Anni straordinari, durante i quali abbiamo costruito un gruppo meraviglioso e cementato il rapporto con questa città unica». Renica, 58 anni, ha fatto un po’ di esperienze in panchina, altre ne farà, nel frattempo ha scoperto una vena comunicativa pungente e veritiera. Nel mare delle polemiche che tempestano di questi tempi la squadra, Gattuso ha trovato un difensore d’ufficio inatteso ma sicuramente gradito. «Sono contro le prese di posizioni prestabilite e i preconcetti: vedo troppo accanimento nei confronti di Rino. Non frequento Gattuso e ci conosciamo appena ma lo considero un ottimo allenatore e non è giusto che sia lui l’unico bersaglio di critiche feroci».
Il Mattino