Accanto al giallo che da sempre contraddistingue il campione Valentino Rossi, da quest’anno ci sarà il verde del team Petronas SRT, la squadra privata di Yamaha con cui correrà nel 2021. Una nuova avventura lo attende nel team che l’anno scorso ha fatto meglio di quello ufficiale, la 26ª stagione della sua lunga e vincente carriera. Per di più condividerà il box con il vice-campione Franco Morbidelli, un grande amico: «Avevamo lavorato per portarlo in MotoGP e ora sono molto contento di essere con lui. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato, neanche noi due».
Passare a un team privato a questo punto della carriera cosa comporta?
«Qui si pensa di più alle prestazioni che allo sviluppo della moto nella stagione. Questo è buono. Inoltre sono contento della mia situazione tecnica, ho il pieno supporto di Yamaha. Spero solo che il calendario sia più normale del 2020 e di poter correre sui diversi circuiti nel giusto periodo».
Quale risultato sarebbe contento di raggiungere?
«Nei primi cinque a fine stagione».
È l’unico obiettivo che si pone?
«Corro per tornare a vincere, voglio stare più spesso sul podio ed essere competitivo, dall’inizio alla fine. Tutti i piloti in griglia pensano di poter vincere il Mondiale e anche io. È difficile, il livello è alto, ma bisogna vedere come va la moto, come mi trovo con il team, se sono in forma e oggi penso di esserlo».
Non c’è l’ossessione di vincere il decimo titolo?
«No, posso essere contento anche di vincere una gara o fare qualche podio. Insomma, di essere protagonista».
Guardando i valori in pista chi mette tra i favoriti al titolo?
«Difficile fare una lista quest’anno, ci sono almeno dieci piloti ed è il bello della MotoGP. Ci sono tante moto diverse, di team diversi, guidate da piloti diversi che possono lottare per vincere».
E dovrebbe tornare in pista Marc Marquez: cosa si aspetta da lui?
«Da quello che ho capito ci vuole ancora un po’ di tempo. Quando tornerà penso che sarà forte come prima. Anzi, se non perde tante gare all’inizio, potrebbe anche lottare per il Mondiale».
Quest’anno troverà tre piloti della sua VR46 Riders Academy: Pecco Bagnaia, Morbidelli e suo fratello Luca Marini.
«Questa storia dell’Academy ci è un po’ sfuggita di mano (ride; ndr). Quando abbiamo iniziato non pensavo di dover correre contro di loro. Però sono stati bravissimi, abbiamo fatto un bel lavoro e la situazione è questa. Per correre nella stessa classe ma rimanere amici ci vuole un rapporto sincero, un’amicizia vera e di questo non sono molto preoccupato».
Tutti e tre vi conoscete molto bene, sia fuori sia dentro la pista.
«Con Pecco e Franco stiamo insieme quasi tutti i giorni. Ci sfidiamo con tutti i tipi di moto ed è sempre molto eccitante. Anche con mio fratello sarà speciale, con lui ci sfidiamo soprattutto al Ranch, ma farlo in MotoGP sarà bello. Me li aspetto tutti molto veloci».
Ha compiuto i 42 anni e con Petronas ha firmato per un anno, potrebbe essere il suo ultimo in MotoGP?
«Deciderò intorno all’estate se proseguire, la mia decisione arriverà in base ai risultati. Se sarò forte e potrò lottare per il podio potrò continuare un altro anno. Ma questa è la mia idea. Non ho parlato con il team né con Yamaha. Sicuramente non sarà una decisione facile, magari sarà Yamaha a scegliere per me». (ride)
Cosa vede nel suo futuro?
«Quando mi fermerò, dopo 26 anni di questa vita, qualcosa cambierà, ma spero non molto. Vorrei continuare a correre qualche anno con le macchine».
Cosa le piacerebbe? «Magari la 24 ore di Le Mans e altre gare di durata. Sarebbe un sogno correre con la Ferrari, ma bisognerà capire quale sarà il mio livello. Sono piuttosto veloce, ma non so se sarà abbastanza. A ogni modo sarebbe bello provarci».
Nel paddock non troverà più Fausto Gresini: come lo ricorda?
«È una triste storia, era un uomo sano ed è morto a 60 anni a causa del Covid. Conoscevo Fausto da molto tempo, quando ancora correva perché seguivo già le gare con mio padre. Successivamente, da team manager, è stato un duro rivale. Lottammo insieme nella 250 quando lui era con Capirossi nel 1999. E poi anche in MotoGP nel 2003, 2004, 2005 con Sete Gibernau e poi con Marco Melandri. Era un grande punto di riferimento per gli italiani, anche lui si occupava di far crescere i giovani talenti e le nostre squadre sono a 15 km di distanza. Parlavamo molto ed era un’importante figura per il paddock».
Intervista a cura di Serena Zunino (CdS)