In attesa di tornare a segnare, Victor Osimhen si è trovato al centro di un caso: grave perché inesistente. È un caso che ripropone un tema fondamentale nel lavoro di un giornalista, in cui deve esservi non solo la ricerca della notizia ma anche e soprattutto la sua verifica. Ed è quello che martedì, a tarda ora, ha fatto Il Mattino quando si è diffusa la voce che il portatore della variante africana del Covid-19, scoperta a Napoli, fosse appunto l’attaccante nigeriano. L’Azienda ospedaliera Federico II ha emesso ieri mattina un comunicato di smentita perché questa voce aveva preso forma di notizia – inesistente, appunto – su alcuni siti senza curarsi della sua attendibilità e senza pensare alla privacy del calciatore del Napoli.
L’altra sera la redazione de Il Mattino si era messa al lavoro con tempismo e rigore per accertare l’indiscrezione. Ci siamo posti non solo la doverosa questione di rispettare la sfera personale del calciatore, che come è noto era stato trovato positivo in occasione del tampone effettuato l’1 gennaio, al rientro da un viaggio in Nigeria. Abbiamo contattato l’Azienda ospedaliera Federico II, che in ampio anticipo sul comunicato aveva smentito che fosse il giocatore del Napoli «il professionista di ritorno da un viaggio in Africa» risultato positivo con la variante scoperta per la prima volta in Italia. Abbiamo anche contattato il Calcio Napoli, l’azienda presso cui lavora Osimhen: «Non abbiamo ricevuto alcuna informazione», è stata la risposta. E così è stato ovviamente deciso di non associare il calciatore nigeriano alla importante scoperta fatta da Federico II e Istituto Pascale. Nel rispetto delle regole del mestiere, dei lettori e della ultracentenaria storia de Il Mattino che va difesa con fermezza e prudenza.
Siccome rispettiamo molto chi fa il nostro lavoro, ci siamo stupiti leggendo ieri su alcuni siti la notizia di Osimhen inconsapevole portatore della variante al Covid-19, pubblicata senza aver fatto evidentemente verifiche presso la Federico II e inseguendo una voce. Il presunto caso è stato subito rilanciato da chi è molto bravo nell’esercizio della pubblicazione di notizie altrui, o ascoltate chissà dove. Per fortuna, questa rincorsa allo scoop che non c’era si è fermata quando la Federico II ha diffuso una smentita «categorica», aggettivo scelto non a caso per spazzare via le illazioni. E il professore Nicola Normanno, direttore del dipartimento di ricerca presso l’Istituto Pascale, ha puntualizzato a Radio Punto Nuovo: «I campioni arrivati erano anonimi, impossibile stabilire di chi fossero». Proprio così: impossibile. Il Pascale, infatti, ha ricevuto in seconda battuta il campione dalla Federico II e i dati del paziente positivo con variante sono noti soltanto all’Azienda ospedaliera che ha smentito con fermezza che si tratti del calciatore azzurro.
Questa storia ci dice molto su cosa sia e su cosa debba essere ancora oggi, anche ai tempi del digitale, il giornalismo e su quali siano i suoi compiti e i suoi principi imprescindibili. Il giornalismo (stampato sulla vecchia carta, postato sul web, raccontato in televisione o in radio non importa) è fatica. La fatica di trovare una notizia, di verificarla una, dieci, cento volte. Il giornalismo (sia quello tradizionale che quello chiamiamolo 4.0 non c’è differenza) è fatto di responsabilità e di reputazione. Ecco Il Mattino (come molti altri brand dell’informazione nati nell’Ottocento o nel Ventunesimo secolo non importa) ha una reputazione da difendere che resta la sua forza e soprattutto l’unica garanza per i suoi lettori, disposti a pagare un prezzo per leggere le informazioni, e per la democrazia in generale. Le informazioni, soprattutto se hanno a che fare con la salute, devono essere maneggiate con cura e non come in un grande bar sport, dove ci si può permettere di fare poca differenza tra il vero, il verosimile, il si dice e il falso. F.De Luca (Il Mattino)