Alessandro Barbano con il suo editoriale analizza dalle pagine del Corriere dello Sport il momento che vive il Napoli. Paura, volti scuri, espressioni corrucciate ed un rassicurante passaggio indietro al portiere.
“Gli scricchiolii con cui il Napoli si trascina da due settimane, regalando punti in campionato e annaspando in Coppa, ieri sera sono diventati un fragore assordante. E il castello di residue speranze azzurre è venuto giù di botto di fronte al siluro di Zapata e alle baionette di Pessina, lasciando sul selciato un cumulo di macerie. Il Napoli è di nuovo piombato nell’incubo di una crisi che coincide con uno psicodramma e replica quanto già visto un anno e mezzo fa, nei giorni seguiti all’ammutinamento che costò la panchina ad Ancelotti: la squadra, tutta, è folgorata dalla paura, incapace di qualunque reazione che non sia un rassicurante passaggio indietro al portiere. Così, ammutolita e contratta in un arroccamento tattico che pare da solo una smorfia di dolore, vede sfumare il risarcimento di una finale di Coppa Italia, mentre arranca in campionato e mentre l’avvicinarsi della trasferta di Granada, per i sedicesimi di Europa League, mette i brividi. Non è una sconfitta, ma una resa. Nella quale è ormai perfino difficile ravvisare una ragione tattica che spieghi il tracollo, anche se alcune scelte di Gattuso sembrano sfidare la ragionevolezza. Come quella di preferire un modesto Hysaj a Mario Rui sulla fascia sinistra. O quella di sostituire Zielinski, l’unico in grado di inventare qualche verticalizzazione, con Lobotka. Il polacco era stato ammonito. Ma la prudenza, che pure suggerirebbe di toglierlo dalla mischia, non può valere in una circostanza simile.
Certo, l’Atalanta è squadra capace l’anno scorso di giungere ai quarti di Champions. È appena uscita dal divorzio traumatico con il suo interprete più rappresentativo, senza accusare il colpo. Anzi, l’assenza del Papu sembra aver esaltato la vocazione universale di giocatori come Pessina e Gosens. Il Napoli si smarrisce presto tra la qualità, la quantità e l’armonia dell’assedio nerazzurro. Sotto di due gol dopo la prima mezz’ora, inizia a vedere il nemico nell’ombra dell’avversario, che incombe al ritmo di un pressing martellante. La fine del primo tempo ha la comicità del grottesco. La squadra azzurra non riesce a varcare la linea di metà campo. Gattuso si sbraccia fuori dalla panchina, corre a raccattare il pallone per velocizzare le rimesse laterali, e i suoi ragazzi con lo sguardo spiritato abbozzano due passi avanti e tre indietro, sentendosi sicuri solo nel restituire la palla ad Ospina, improbabile regista di una manovra che nasce azzoppata dal terrore di osare.
Il gol di Lozano nella ripresa non è l’abbozzo di una reazione. Ma il guizzo dell’unico che sembra ancora un giocatore del Napoli, per come il Napoli noi abbiamo conosciuto. La spinta che incoraggia dura il tempo di un contropiede, nel quale un inadeguato Osimhen fallisce d’un soffio il pareggio. Poi l’Atalanta spreca almeno altre quattro occasioni, facendo centro alla quinta. Pessina chiude la partita e certifica una crisi azzurra, che è ormai aperta, in forma strisciante, da due settimane. E che somiglia, figlia dei tempi, a una crisi di governo. Il cui azionista, il presidente De Laurentiis, ha di fatto tolto la fiducia a Gattuso più o meno come Renzi ha fatto con Conte. L’effetto prodotto è stato quello di destabilizzare un ambiente sportivo, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Nulla di ciò che si è prodotto sembra più ricomponibile nelle forme precedenti. Senonché a Palazzo Chigi siede già un nuovo premier incaricato…
Fonte: CdS