Avvenire intervista il giornalista e sociologo Sergio Levinsky. È stato il biografo di Maradona. Scrisse di lui dopo la squalifica a Usa ’94. Il suo racconto/biografia porta il titolo italiano di “Una vita presa a calci”.
Quanti Maradona era Diego… «Un’infinità. Pensate al Diego magrolino dell’Argentinos Juniors e a quello con barba da post adolescente di Spagna ’82. Quello gordo e biondo ossigenato a Cuba, e quello brillante dello show TV La noche del Diez. Pensa al Maradona spettinato e confuso del famoso “la pelota no se mancha” e quello perfetto di Messico ’86. Quello col ciuffo biondo a metà anni ’90 e quello che nell’81 minaccia di non giocare mai più, dopo un tour in Africa col Boca Juniors. Ebbe il coraggio di dire che a Cuba non c’erano ragazzi scalzi e analfabeti come in Argentina. C’è stato un Maradona depressivo e uno euforico, uno antipatico e uno equilibrato, quello che convocava la stampa per parlare e quello che sparava pallini di gomma ai giornalisti. É sempre vissuto in una costante esposizione mediatica, criticato da gente che non si è mai messa nei suoi panni. Persino con la sua morte ci ha dribblato. Era stufo di tutto. Tutti sapevamo che se ne sarebbe andato (è accaduto 2 mesi fa, il 25 novembre), ma non potevamo immaginare il momento in cui l’avrebbe fatto. É stata la sua ultima “gambeta”».