Mary Bruscolotti: «Il pranzo di Rino come le mie cene così una squadra diventa più forte»

Squadra a tavola lontano dal ritiro: era uno dei segreti del Napoli che vinse il primo scudetto nel 1987. «Gattuso ha fatto come me e Peppe: visto che ha funzionato contro la Fiorentina?».

Mary Bruscolotti, la moglie dell’ex capitano azzurro, sorride ripensando a quelle cene nell’appartamento di via Petrarca. Erano gli anni d’oro con Diego Armando Maradona, uno dei frequentatori più assidui.

Signora Bruscolotti, come nacque quell’idea? «Io avevo la passione della cucina e Peppe, da capitano, voleva fare qualcosa per tenere il gruppo unito anche lontano dal campo. Il lunedì venivano a casa gli scapoli e il mercoledì gli sposati. Il menu variava,però la pasta e patate diventò un rito dopo una cena a novembre».

Perché? «La cucinai prima di una partita con la Juve, vinta nell’anno del primo scudetto.Diego,Bruno Giordano e Nando De Napoli dissero che doveva essere un piatto fisso nelle nostre serate».

Maradona veniva spesso? «Sempre e con Claudia,che sarebbe poi diventata sua moglie. Era legatissimo a Peppe. Quando mio marito subì un trauma cranico in uno scontro di gioco e fu obbligato dai medici a restare sveglio per tutta la notte, Diego bussò a mezzanotte a casa e si mise accanto a lui.Alle cinque del mattino mi chiese di preparargli qualcosa. Fette biscottate e marmellata? “No,Mary: spaghetti aglio e olio”. Accontentato».

Però a casa Bruscolotti non c’era l’allenatore, invece il pranzo nel ristorante di Ercolano lo ha organizzato e pagato Gattuso. «Che ha una mentalità da calciatore e sa quanto siano utili queste riunioni. Stare insieme, davanti a un bicchiere di vino e a una pasta e patate, favorisce l’armonia. E non necessariamente devono esservi problemi in una squadra per decidere di riunirsi a tavola.Credo che Gattuso abbia organizzato quel pranzo perché i suoi giocatori avevano bisogno di rilassarsi: vanno in campo ogni tre giorni e il Coronavirus è una preoccupazione per tutti. È un modo per allentare lo stress e scherzare. Aiuta molto».

Anche in questi tempi, con la socializzazione che passa più attraverso gli smartphone che a tavola? «Anche.Perché i calciatori sono uomini che lavorano meglio se c’è affiatamento all’interno del gruppo.Con Gattuso ho parlato una volta quando viveva a Milano, me lo passò al telefono un amico comune. “So che lei cucina bene”, mi disse. Lo aspetto a cena».

Ma una squadra,se è forte, vince a prescindere dall’amicizia tra i calciatori:non crede? «Parlo in base alla mia esperienza. Lavorare con amici,non soltanto con colleghi, ti aiuta sul piano psicologico.Volersi bene, oltre che rispettarsi, è fondamentale».

Lei era molto legata a Diego e Claudia. «Sì, erano ospiti sempre graditissimi.Ricordo che a fine cena Maradona diceva ai compagni “Andiamo a digerire” ed entrava nella stanza dove avevo creato una piccola discoteca per fare quattro salti. Mary’sClub, l’aveva chiamata così».

Nella casa dei Bruscolotti è cresciuto un altro capitano,Ciro Ferrara. «Una volta s’arrabbiò con me durante una partita al mercante in fiera.Comprai le carte da lui e vinsi un milione e seicentomila lire».

Suo marito ha confidato il dolore per non avere potuto dare l’ultimo abbraccio a Maradona. «E adesso, a quasi due mesi dalla morte,quando ascoltiamo la sua voce in tv spegniamo l’audio:ci fa male».

Peppe non diede a Diego soltanto la fascia di capitano: gli offrì amicizia e lo protesse nei primi anni a Napoli

Il buio per Maradona cominciò dopo che Bruscolotti lasciò il calcio: probabilmente non fu un caso. «Peppe mi disse: “Vedrai, adesso inizieranno i problemi”.Quando mio marito giocava,Maradona frequentava solo noi e qualche amico per bene. Mai un comportamento sbagliato, dovuto a chissà quale sostanza.Alle nostre cene Diego era il più scatenato con De Napoli: faceva un casino di inferno, la sua felicità contagiava tutti”. A cura di F. De Luca (Il Mattino)

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