Estate 1984, Diego Maradona era arrivato a Napoli da meno di un mese ed era da poco iniziato il suo primo ritiro italiano sul monte Amiata: in panchina, a dirigere gli azzurri, Rino Marchesi. La data della prima gara di Diego con la maglia del Napoli è il 2 agosto. Avversario di turno il Castel del Piano. Pochi dubbi sul risultato, un netto 13-1 con 4 reti di Maradona che uscendo dal campo, però, si complimenta con il difensore avversario, ovvero quello che provò a marcarlo. Il protagonista in questione si chiama Luca Dionisi (nella foto). All’epoca aveva 25 anni e da 4 era il papà di Alessio che domani, alla guida dell’Empoli (primo in serie B) sfida il Napoli nella gara valida per gli ottavi di Coppa Italia.
I RICORDI
«Ero un difensore che poteva ricoprire tutti i ruoli», racconta Luca Dionisi. «E soprattutto mi toccava marcare sempre l’avversario più forte. Quella volta fu il turno di Maradona». Una partita senza storia per il Napoli e per Diego, che però riconosce subito le qualità dell’avversario. « Che ci fai in queste categorie?, mi chiese. A fine partita gli passai un pennarello e gli chiesi un autografo sul braccio. L’ho tenuto per un paio di mesi, quasi non mi lavavo». Dionisi era stato acquistato proprio quell’anno dal Castel del Piano, ma non era la prima volta che si trovava a sfidare squadre blasonate. «Siamo in un posto di montagna dove venivano spesso le squadre di serie A in ritiro. Avevo giocato contro l’Inter nell’estate dell’82 dopo il Mondiale, e contro la Lazio avevo marcato Laudrup». Poi, nell’84 era arrivato il momento di Maradona. «Una persona umilissima. Parlava pochissimo l’italiano, solo un po’ lo spagnolo. Era un ragazzo molto solare, disponibile in tutto anche per le foto».
PADRE E FIGLIO
E in occasione di quella partita amichevole c’era anche un tifoso speciale per Luca Dionisi. «Mio figlio Alessio aveva tre anni ed era in tribuna». Quindi ecco svelato da chi ha ereditato la passione per il calcio l’attuale allenatore dell’Empoli. «Ho vissuto questo sport sempre molto bene, ma da quando lui allena lo vivo un po’ peggio. Sono sempre ansioso, perché il lavoro dell’allenatore è precario. Sei sempre la testa che viene tagliata per prima». 21 anni di differenza tra papà Luca e suo figlio Alessio, con il pallone a fare da filo conduttore tra le due generazioni. Alessio, come suo padre, è stato giocatore prima e allenatore poi. «Ma io a differenza sua mi sono fermato ai dilettanti a causa di un infortunio molto serio quando avevo ancora 26 anni. Alessio invece ha avuto la forza di andare avanti e scalare tutte le categorie. Quando ha scelto di fare questa carriera ero preoccupato, ma ora mi entusiasma, ha passione è bravo. Spero che raggiunga quegli obiettivi che non ha raggiunto da calciatore solo per colpa della sfortuna». E allora Luca guarda al suo passato da calciatore e al presente di suo figlio Alessio come allenatore. «Mi sarebbe piaciuto molto giocare nelle sue squadre, perché si parte da basso. Un difensore diventa quasi un centrocampista: è il primo uomo a impostare l’azione».
A Cura di B. Majorano (Il Mattino)