Il campionato di serie A sta entrando nel vivo e la prossima giornata spiccano le sfide Roma-Lazio e soprattutto Inter-Juventus per il vertice. Il Corriere dello Sport ha intervistato l’opinionista di Sky ed ex allenatore Fabio Capello.
Fabio Capello, il traguardo di metà stagione è ormai prossimo, con il primo anno di pandemia appena concluso. In questo quadro, dove sta andando il calcio, secondo lei? «E’ un difficile momento di transizione. Quella che stiamo vivendo non può essere la realtà definitiva del futuro. Eppure mi piacerebbe si conservassero un paio di aspetti emersi in questi mesi complicati».
Cosa ha visto maturare di così positivo? «La serenità dimostrata dai giocatori in campo, quella deve restare. Così come il modo di arbitrare dei direttori di gara, che hanno generalmente dato il meglio, senza farsi influenzare. Mi auguro di rivedere questi aspetti anche con il pubblico negli stadi, quando torneremo al calcio classico».
Che, ne converrà, non può esistere senza pubblico «Per carità! Così come adesso sembra di assistere a partite dentro un acquario. Il clima è quello degli allenamenti, quando si sente chiara la voce dell’allenatore. Eppure…»
Eppure?
«Questa situazione ha permesso ai tanti giovani che si stanno affermando di esprimersi senza pressione, senza la paura di sbagliare. I tifosi possono incitare ma sempre rimarcano gli errori»
Libertà mentale che potrebbe essere il segreto, meglio, uno dei segreti, del primato dei ragazzi di Pioli «Il Milan ha un bravo allenatore e giocatori leader capaci di aiutare gli altri a crescere, stimolandone la voglia di rischiare. Del resto quella è una società che storicamente ha costruito i propri trionfi sulla abilità di far maturare talenti. Baresi, Maldini, Filippo Galli, Costacurta, Evani, Albertini…Ora magari si guarda più all’estero ma dal settore giovanile arrivano Calabria e il capitano, Donnarumma. Senza dimenticare che alla guida dell’area tecnica c’è Paolo Maldini».
Capace di superare con intelligenza una crisi di rapporti all’interno del club, prima ancora di diventarne a pieno titolo un punto di riferimento, utilissimo anche al tecnico «Sottoscrivo in pieno»
Il Milan se la deve vedere in primis con la “sua” Inter… «Vero che ho battezzato la squadra di Conte come favorita al titolo. E confermo il mio giudizio. Ma questo è e resterà il campionato dell’incertezza. Si gioca tanto, con poco recupero. Servono rose ampie e di qualità. Ci sono a mio parere cinque squadre che si contendono i primi quattro posti, ovvero scudetto e zona Champions: Inter, Milan, Juve, Atalanta e Roma».
Restiamo a Milano, tornata al proprio ruolo storico di anti Juve: meglio la serenità di Pioli o la rabbia di Conte per vincere? «Ogni allenatore ha le sue caratteristiche, il suo modo e il suo metodo. Quello che conta è capire in quale società e in quale squadra si va ad allenare, prima ancora di quale rosa si ha a disposizione. In base a questo, se necessario si deve essere capaci anche di cambiare un po’ il proprio modo di essere e di gestire i rapporti»
Pioli in questo senso sembra avanti… «Pioli, dopo l’esperienza all’Inter, è arrivato al Milan, dove non gli hanno messo troppa pressione; è stato premiato con la riconferma e gli è stata affidata una squadra giovane, divertente, che ha perso con la Juve ma in un certo senso è come avesse vinto, dimostrando vivacità, voglia, anche senza Ibra e Calhanoglu».
Mentre Conte non nasconde il suo desiderio di avere di più e di meglio «Ma Conte non ha motivo di chiedere altri rinforzi, ora più che mai, senza le coppe. I colleghi sarebbero felici di allenare quella rosa. E mi pare che anche lui lo abbia detto. D’altra parte la gestione del gruppo sarà il nodo decisivo per l’Inter. Di certo l’affronterà come ha sempre fatto: con determinazione e con forza».
Ma Capello preferirebbe avere a disposizione Ibra o Lukaku? «Mi andrebbero bene entrambi. Perché sono campioni che fanno la differenza, anche quando non sono al top. Ma la loro presenza pesa sempre, e mette in soggezione gli avversari».
Stesso discorso, per Cristiano Ronaldo «Ovviamente. Ma in questo caso mi preme sottolineare un altro aspetto. Se la Juventus sta risalendo in classifica anche “senza” il suo fuoriclasse, significa davvero che sta tornando ai suoi livelli».
Ecco, parliamo finalmente di Juventus, che non sarà sicuramente campione d’inverno (terza volta negli ultimi 9 anni, dopo il doppio titolo intermedio del Napoli) ma può avere ancora tanto da dire, a partire da Inter-Juve di domenica «Ecco, quello è uno snodo importantissimo, aspettando il recupero con il Napoli. Credo che la Juve abbia risolto i suoi problemi di gioco. Che sono comuni a molte squadre, anche grandi, che in questo periodo di pandemia hanno scelto di cambiare allenatore. La società ha puntato su Pirlo e ha pagato un prezzo, anche in termini di punti. Adesso la sensazione è che i giocatori abbiano capito cosa vuole il tecnico da loro e l’allenatore sa sfruttarne le caratteristiche. Un incontro a metà strada che può valere tantissimo. Certo, il risultato di S.Siro può contare molto».
Un peso dovrà avere anche Juve-Napoli, quando sarà. Napoli che lei però non considera in questo momento da zona Champions «Guardi, a me Gattuso piace molto. Mi piace la sua voglia, il modo di gestire. E i 2 punti recuperati a Udine al 90’ sono un bel colpo. Il Napoli è la prima delle inseguitrici. Però ha pagato molto le assenze. Vede, questa è una delle conseguenze maggiori sul piano tecnico di questi tempi pandemici. Guardo l’Europa e vedo in difficoltà il Liverpool senza Van Dijk o il Borussia Dortmund privo di Haland. Ecco il Napoli senza Koulibaly e Osimhen è un altro Napoli. Senza contare certe disattenzioni difensive».
In più mettiamoci anche il caso Milik
«Qui mi viene in mente l’adagio del mio presidente, Silvio Berlusconi: “Bisogna sapersi fare concavi o convessi a seconda delle circostanze”. Non voglio chiamarlo capriccio: mi pare che la società abbia però preso una strada, “o si fa così per forza o si fa…così”, e in questo modo si è fatta male da sola».
Ci sono analogie per lei con la vicenda Gomez? «Nessuna! Mi viene in mente piuttosto un’esperienza personale, quando ero al Real Madrid e Beckham firmò per i Los Angeles Galaxy, gennaio 2007. Il presidente Calderon venne e mi spiegò che per il club quella scelta era uno sfregio e che David non doveva più giocare. Ma dopo un paio di settimane che il giocatore si allenava con impegno, andai in sede e spiegai che io avrei utilizzato Beckham come meritava. E così feci. No, il caso Gomez è diverso. In questo caso ha desciso Gasperini e la società lo ha giustamente sostenuto. In uno spogliatoio non ci si può ergere al di sopra dell’allenatore. Però chi prenderà il Papu potrà sfruttarne la voglia di rivincita».
Intanto l’Atalanta continua a dare spettacolo «E’ proprio così. Atalanta e Verona e in parte Sassuolo e Benevento, sono le squadre che proprio mi piacciono e amo guardare. Gasperini e Juric hanno ribaltato il concetto di calcio giocato per vie laterali, aumentando verticalità, velocità e pressione, eliminando retropassaggi e puntando sull’immediato recupero palla per mettere in difficoltà l’avversario. In chiave lotta per lo scudetto l’Atalanta paga una rosa non all’altezza e l’impatto con la Champions. Ma col gioco e con Ilicic recuperato può dare molto fastidio alle grandi fino alla fine».
Restando alla lotta scudetto, venerdì arriva il derby romano, con la Roma lanciata e la Lazio più indietro
«Come sempre, partita senza certezze. Ma vedo la Roma più pronta. Ecco un’altra delle squadre che ammiro: sa cosa fare, ha qualità, gioco veloce. E un ottimo allenatore, che ha analogie con Pioli. Fonseca mi è sempre piaciuto: ha cultura, intelligenza, equilibrio che in una piazza come Roma è qualità decisiva, non ha avuto paura di cambiare tatticamente, passando alla difesa a tre. Vero, ci sono momenti che la squadra concede, come successo con l’Inter, in una bellissima partita. Ed è lì che deve lavorare. Anche la Lazio ha un ottimo allenatore però c’è qualcosa che non funziona più come un anno fa, tra alti e bassi, cali di concentrazione. Pur contando su un attaccante come Immobile che ti fa partire da 1-0 è come se non si fosse completamente ripresa dopo lo stop della scorsa primavera, quando lottava per il titolo».
In zone non certo nobili viaggiano invece il Bologna di Mihajlovic e la Fiorentina di Prandelli «Lì il vero problema dei tecnici è quello di far capire ai giocatori di club così importanti che si sta giocando per la salvezza. Non basta dire “siamo il Bologna” o “siamo la Fiorentina” per venirne fuori: bisogna lottare con umiltà».
Capello, il 2021 sarà l’anno dell’Europeo. L’Italia di Mancini ci arriva al galoppo «Mancini ha fatto un lavoro semplicemente fantastico, straordinario. Uso questi aggettivi non a caso. Ha saputo scegliere i giocatori, confermando questa sua capacità di tecnico, soprattutto i giovani, facendo giocare la Nazionale secondo le sue idee». Per vincere gli servirebbe un campionato allenante, per usare un’espressione da lei sdoganata. E’ cambiato qualcosa? «Il nostro calcio, tranne rare eccezioni, va più piano. Ibrahimovic, Cristiano Ronaldo, Ribery ancora sanno esaltarsi proprio grazie a un ritmo meno intenso. Credo di essermi spiegato».
A cura di Andrea Santoni