La partita – Ognuno ha fatto quello che sapeva fare meglio: l’Udinese di Gotti si è blindata con cinque difensori e ha provato a far male in contropiede e il Napoli ha puntato sul palleggio, con quei tre fantasisti dietro l’unica punta Petagna. Tutte e due le squadre hanno mostrato di avere lo stesso guaio in comune: ovvero la mancanza di un terminale là davanti. L’inizio sorride agli ospiti che trovano il gol su un rigore che Insigne trasforma per atterramento di Lozano da parte di Bonifazi (Pasqua ha incredibilmente bisogno di andare al Var per assegnarlo). I pasticci in difesa iniziano quando Manolas si fa male e Gattuso è costretto a inserire Maksimovic. Che, di questi tempi, rispetto a Rrahmani pare Fabio Cannavaro. Lozano sfiora il raddoppio e, dopo qualche prima avvisaglia di sbadataggine, il povero Rrahmani si suicida con un retropassaggio per Meret che Lasagna intercetta. È l’1-1. Per altre due volte è Meret a mettere una pezza. Ma è evidente, fin troppo, che Gattuso non può far affidamento sul difensore kosovaro all’esordio in campionato e nell’intervallo cambia tutto, spostando Di Lorenzo al centro e Hysaj a destra e inserendo Mario Rui a sinistra. Non è una ripresa brillante, anzi. Meglio il Napoli quando entra Elmas, senza dubbio. Con Zielinski e Insigne gli azzurri vanno vicino al vantaggio, ma corrono anche qualche rischio. La carta Llorente è un mezzo disastro. Ma poiché non può andar sempre storta, ecco che stavolta è il Napoli a trovare il colpo. Di testa. Quella di Bakayoko. Il suo gol (su pennellata di Rui) somiglia a quei messaggini disperati dell’innamorato respinto che all’ultimo sms fa breccia nel cuore dell’amata. E qui i puristi magari s’indignano ma il Napoli vince perché ci crede fino in fondo. Cosa che altre volte non è capitato. Più lezione di questa.
Fonte: P. Taormina (Il Mattino)