Vincere e convincere hanno fatto tornare il buon umore a Rino Gattuso, che dopo il successo netto sul Crotone si racconta a ruota libera. Spensierato, sereno, ma sopratutto sincero, come forse non lo si vedeva da un bel po’.
Questo è il suo Napoli?
«Innanzitutto devo fare i complimenti alla squadra per come l’abbiamo affrontata. Le partite sono tutte difficili e il risultato è bugiardo, perché il Crotone ci ha messo in difficoltà. Poi quando sono riamasti in 10, noi siamo stati avvantaggiati».
E ora è tempo di pensare all’Europa League.
«Ogni partita è una storia a sé. Giovedì ci giochiamo il primo obiettivo stagionale. Non ci siamo riusciti in Olanda e ora ci toccherà farlo contro un avversario difficile».
Quanto pesano queste partite una dopo l’altra?
«Non è facile giocare così spesso. Giovedì siamo tornati alle 5 del mattino e venerdì non abbiamo fatto nulla. Ma dobbiamo solo pensare a perdere meno giocatori possibile».
Un occhio alla classifica lo ha già dato?
«Preferisco dare continuità ai risultati. Abbiamo fatto cose importanti e sul campo abbiamo 21 punti che non sono pochi».
A proposito di campo: è vero che lei non vuole giocatori che le assomiglino?
«Innanzitutto io voglio una squadra. Ci sono momenti in cui non si può giocare di fioretto ma con il coltello tra i denti. Poi se ho giocatori che mi assomigliano non li faccio giocare».
Davvero?
«Cerco di giocare con il palleggio per trovare la superiorità numerica e io questo calcio pensante non ero capace di farlo io. Avrei fatto tanta panchina in una squadra come questa. Non rinnego me stesso, anzi sono orgoglioso di quello che ho fatto in carriera, ma il calcio è cambiato».
In che modo?
«Si palleggia di più e si cerca sempre la superiorità numerica. In questo siamo stati braci anche noi italiani a imparare dagli altri e ora stiamo facendo un calcio diverso».
Chi è un tipo di giocatore diverso da lei è Zielinski…
«Piotr non gioca, ma danza. Non ho mai visto nessuno saltare l’uomo come lui. Ha grandissima qualità, ma per diventare un top player gli mancano quei 7-8 gol a campionato che pure sarebbero nelle sue corde. Ha tiro e tecnica. In questo momento si sta ritrovando, perché dopo il Covid ha fatto un po’ di fatica. Ma è molto forte».
Quale pensa che sia la sua posizione ideale in campo?
«Mi piace per come gioca da mezzala e da sottopunta: ha grandi margini di miglioramento».
Ha parlato del calcio che è cambiato ma ai suoi tempi giocava anche Ibrahimovic che è sempre sul pezzo.
«Ai miei tempo rompevo più le scatole a lui che lui a me».
Come mai?
«Tante volte gli ho detto che doveva stare zitto perché non sempre puoi alzare la voce con tutti e invece lui è il tipo che non guarda in faccia a nessuno: è un kamikaze».
E lei?
«Gli dicevo che doveva stare più calmo. Ad Abate gli ha fatto passare le pene dell’inferno. Ma non è un caso se oggi Ibra faccia ancora la differenza a 40 anni. Per il Milan è stato importante dal punto di vista della mentalità. Non ci sta: se perde una partita può spaccare lo spogliatoio. E poi ti può far vincere anche in due minuti».
Insomma, i tempi sono cambiati anche per voi allenatori...
«Ai miei tempi i cellulari non erano cosi tecnologici, ora i ragazzi stanno tutti con la testa sul telefonino, dobbiamo essere noi allenatori bravi a capire in che mondo viviamo. Dobbiamo fare come i padri moderni con i figli: ho capito che mi devo mettere l’anima in pace e trattare in modo diverso con loro».
Ci faccia un esempio...
«A me la musica non piace, ma si usa e certe volte va accettata nello spogliatoio. Noi eravamo alla ricerca di più concentrazione, ma perché venivamo da una scuola diversa. Oggi non puoi essere troppo martello». A cura di B. Majorano (Il Mattino)