Paolo Sorrentino, ha rilasciato un’intervista a il Corriere dello Sport, ecco le sue parole: “Tutto quello che so è quello che mi ricordo. E io mi ricordo che c’è stata una stagione irripetibile, un momento in cui la disinvoltura ha avuto una precisa corrispondenza con la libertà. Valeva per la giovinezza della mia generazione e di quelle limitrofe. Valeva per Maradona. Lui era disinvolto e, dunque, libero. E anche noi. Adolescenti, ragazzi, giovani, adulti e anziani che ritrovarono una nuova, inattesa fanciullezza, almeno di domenica. Gli avversari erano fermi a guardarlo, consapevoli che fosse meglio imparare che provare a contrastare. Nessun giocatore di calcio, all’epoca, credeva che si potesse fare una cosa del genere. Il genio era solo, come sempre. I napoletani si sono sempre sentiti unici ed esclusivi rispetto agli altri. Solo che questa presunta consapevolezza non aveva da anni una cassa di risonanza adeguata, non travalicava il casello autostradale di Caserta. Quando arrivò Maradona, trovammo la nostra cassa di risonanza. Diego ci ha fatti uscire dal manicomio e ci ha resi, allo stesso tempo, fantasmagorici e possibili. O forse ci ha illusi. Ma non ha nessuna importanza. Maradona ci ha liberati, a noi napoletani, con un sorriso triste, dalla camicia di forza e ci ha resi leggeri almeno per un po’. Diego ha fatto sapere al nord del mondo, operoso, laborioso ed efficiente che a Napoli eravamo felici. Eravamo tutti uguali. Eravamo tutti Napoleone. Piccoli e imprevedibili come l’imperatore Maradona, liberi e irresponsabili, disinvolti e sorridenti.”