Controcorrente, come sempre. Vittorio Sgarbi non si smentisce. A caldo, otto giorni fa aveva paragonato Maradona a Caravaggio. Ma, sull’iniziativa dei sacerdoti che hanno scritto al vescovo di Pozzuoli per conservare il nome dello stadio napoletano intitolato a San Paolo che il sindaco De Magistris vorrebbe invece chiamare «Maradona», non si adagia nell’opinione che, in questo caso, appare più conformista.
Professore Vittorio Sgarbi, cosa pensa dell’iniziativa dei sacerdoti contrari a intitolare lo stadio di Napoli a Maradona, che cancellerebbe il nome storico di San Paolo? «Hanno ragione. In questa vicenda, esiste un visibile contrasto tra la comprensibile esigenza emotiva del momento e un’altra invece di natura storica».
Un contrasto irrisolvibile? «Mi sono già espresso sul mio motivato riconoscimento del genio di Maradona, ma è fuori discussione anche l’importanza di un santo come Paolo di Tarso che sbarcò a Pozzuoli nel 60 dopo Cristo».
Uno sbarco diventato evento storico importante? «Per la storia della Chiesa e la cristianità, molto. C’è un quadro, da me ben conosciuto, nella cattedrale di Pozzuoli che ricorda quello sbarco, dipinto da Giovanni Lanfranco nel diciassettesimo secolo».
Sbagliato, dunque, a suo parere dimenticare l’arrivo di san Paolo a Pozzuoli? «Sì e comprendo l’iniziativa dei sacerdoti e il loro punto di vista. Devo dire che, di fronte all’importanza di san Paolo, non c’è Maradona che tenga, nonostante il suo genio calcistico. Nobile e comprensibile l’iniziativa dei sacerdoti, come comprensibile la spinta emotiva nel proporre l’intitolazione dello stadio a Maradona».
Come se ne esce? «Nel modo più semplice, che io stesso proposi a Milano da assessore comunale alla Cultura. A chi voleva ricordare una figura come Angelo Moratti intitolandogli lo stadio milanese, risposi proponendo di conservare il nome dello stadio in San Siro, ma chiamando Moratti il piazzale dinanzi all’impianto sportivo».
Una soluzione praticabile anche a Napoli? «Sicuramente, mi sembra la soluzione migliore e la propongo. Lo stadio conserverebbe il nome storico del santo così importante per la chiesa cattolica, e i tifosi avrebbero lì davanti, nella stessa area, il piazzale intitolato a Maradona. In fondo, tutti gli oggetti e i lumini sono stati lasciati proprio nel piazzale, non dentro lo stadio».
Una disputa giustificata? «Sono in contrapposizione un santo laico come Maradona e un santo cattolico come Paolo di Tarso. Nell’ostinazione sull’intitolazione, che vedo perseguita da certi politici locali, leggo un adagiarsi alla moda, un facile seguire la corrente che regala consensi. Un interesse temporaneo».
È convinto che l’onda emotiva sul ricordo di Maradona si dissolverà? «Tra 40 anni, la storia del calcio ricorderà ancora la genialità del calciatore insuperabile, ma da duemila anni la grande storia non ha certo dimenticato san Paolo. Insomma, credo che il confronto sia a sfavore di Maradona. E per questo non vedo possibilità alcuna che quella da me seguita a Milano».
Un’opinione che non implica giudizi negativi su Maradona e il suo rapporto con Napoli? «Non scherziamo. La mia ammirazione per il genio di Maradona è fuori discussione. A chi faceva banali osservazioni sui contrasti tra l’uomo e il calciatore ho ricordato per primo il paragone con il grande Caravaggio, genio dell’arte che fu anche omicida. Inarrivabili entrambi. Maradona santo laico al di sopra del bene e del male, ma non al punto da poter oscurare un santo che resiste a secoli di storia della Chiesa».
Intervista a cura di Gugi Di Fiore (Tratta da Il Mattino)