29 novembre 2020.
Stadio Diego Maradona.
L’ultimo saluto al re di Napoli.
Pioviggina a Fuorigrotta, come si dice da queste parti schizzichea.
Sto partendo per Milano per lavoro e fortunatamente ho il tempo per darti l’ultimo saluto.
Come direbbe Troisi, Scusate il ritardo, volevo venire qui allo stadio già prima ma impegni di lavoro mi hanno tenuto lontano da Napoli».
Clementino posta una sua foto sui social, accovacciato davanti al sacrario di Maradona in cui si è trasformato lo stadio che fino a pochi giorni fa chiamavano San Paolo: «Papà mi faceva vedere i tuoi goal quando ero bambino, e dopo quasi trent’anni ho avuto l’immenso onore di conoscerti, di farti ascoltare il mio rap, di essere tuo ospite sul palco nel tuo spettacolo al teatro San Carlo, di ascoltare qualche tua storia a tavola insieme a cena, ovviamente condita da risate e musica», scrive. E, poi: «Grazie per tutto quello che hai fatto per noi, grazie per aver messo i tuoi gol al di sopra di ogni politica. Non basterebbero miliardi di parole per parlare di te e dimostrarti il nostro amore. L’amore per un figlio, per un fratello, per un padre della nostra terra. Il fuoriclasse, la leggenda, il 10, il re. Il riscatto del sud del mondo. Il Dio del calcio. El pibe de oro. Diego Armando Maradona».
Che emozione hai provato? «Struggente, straziante. C’è il senso del rimpianto misto con quello dell’orgoglio tra le bandiere, le sciarpe, le rose, i biglietti d’amore, i segni degli ultras e il rispetto dei tifosi delle altre squadre. Diego Diego Diego: c’era chi lo sussurrava come in un rosario, chi lo diceva solo con la voce di dentro. È un’assenza straniante, oltre che dolorosa, quasi ci mancasse un pezzo di noi stessi».
Pino Daniele si è ripreso il San Paolo, titolarono i giornali in occasione del concertone-tributo di Raiuno. Ora se lo riprende, e per sempre, il campionissimo. «Il paragone tra il dolore per la scomparsa di zio Pino e quella di Diego ci sta tutto, solo il Covid-19 ha impedito che la città si autoconvocasse in piazza del Plebiscito per un funerale anche senza corpo e bara, per trovare una maniera per dire il suo amore, per far uscire il suo dolore. Del Nero a Metà ero amico, ci sentivamo spesso, lui mi vedeva con un nipotino che aveva seguito la sua strada di americano di Napoli. Maradona l’ho solo sfiorato, grato dell’onore di averlo conosciuto. All’Uomo in blues ho dedicato versi, canzoni, all’Uomo con il pallone no, e non credo di volerlo fare, anche se in tanti me l’hanno chiesto. Non ho vissuto la sua stagione, la conosco di riflesso, toccherà ad altri, stavolta».
E adesso Napoli assomiglia all’Argentina? «Siamo fratelli di sangue da tempo e ora più che mai. Ci ha affratellati lui, iniettandoci la grande bellezza dell’arte del calcio, che per qualcuno è solo business, il sogno del riscatto dei popoli del Sud. Per qualcuno è oppio dei popoli, ma a volte i popoli non hanno nemmeno di cosa sballarsi».
E na finta e Maradona scioglie o sanghe dint”e vvene. «Proprio così, per questo sono qui. Per questo un omaggio lo farò, con Gigi D’Alessio, a The voice senior. Le prime puntate sono già registrate, bisognerà aspettare le semifinali, vediamo se anche Loredana Berté – tifosa azzurra come sua sorella Mia Martini – ed Al Bano ci stanno, altrimenti Gigi ed io bastiamo ed avanziamo».
Il Mattino