A “Punto Nuovo Sport Show” Marco Rossi, ct dell’Ungheria: “Da quando sono alla guida dell’Ungheria, abbiamo messo a segno una doppia promozione. Dalla C alla A in due anni. Stiamo già studiando gli avversari. E c’è poco da stare allegri. Troviamo già le più forti. Sicuramente l’aver girato il mondo ed essere aperto a nuove esperienze, ha aiutato. Nel 2012 ho cominciato ad allenare in Ungheria. E mi sono trovato ad un bivio: o continuare a sognare di fare l’allenatore. Oppure cercarmi un lavoro diverso. Ho giocato in Serie A in Italia ed all’estero. Ho guadagnato cifre ragionevoli. Avrei dovuto lavorare per mantenere la mia famiglia. Mi sono visto obbligato a prendere questa decisione. Il lavoro principale di mia moglie è stato quello di seguirmi. E di crescere i miei figli. A Scafati fu un’esperienza al limite. Non c’era nulla per poter far calcio. Lo staff ridotto ai minimi termini. Però facemmo un miracolo sportivo. Ci salvammo. Pur mantenendo la C2, la Scafatese non si iscrisse al campionato e mi dispiacque molto. A Cava, invece, fu impossibile arrivare al termine di una stagione cominciata male. Ci fu un via-vai di giocatori. Ed avevamo 7 punti di penalizzazione. Per le inadempienze del presidente dell’anno precedente. Venni esonerato in casa dopo un pareggio con il Taranto. E sputarono anche a mia moglie. Una ferita aperta. Szoboszlai? Possiede una capacità balistica come pochissimi. Faccio fatica a vedere qualcuno che calcia come lui nei campionati top. Tutti quelli che hanno questo talento innato, lo fanno in modo molto particolare. Ha un dono. Vede molto bene lo sviluppo del gioco. Corre molto. Deve migliorare nelle transizioni difensive. E, nel complesso, nella fase difensiva. Potesse venire in Italia, si completerebbe in tempi brevi. Szoboszlai fu molto vicino al Milan. Con Ragnick. Ma anche il Napoli si è interessato. Mi farebbe piacere. Quando sono in Italia sono a Pozzuoli. Quindi potrei andare a fare una pizza con lui. Parlare ungherese? Impossibile. E’la lingua più difficile del mondo, con il mandarino. Confido nel recupero di Salai nel ruolo di prima punta. Nella mia esperienza, posso dire che l’Italia non è un paese meritocratico in panchina. Non ho mai avuto la possibilità di allenare in condizioni normali. Pur avendo fatto salvezze miracolose. In Italia è importante conoscere qualcuno che sappia darti un’opportunità. E diventa difficile poter lavorare. Se ti apri al mercato europeo o mondiale, allora le chance di lavorare aumentano. Credo di essere un allenatore cui piace fare la partita. E non subirla. Ma non necessariamente devi avere l’80% di possesso palla. L’Italia di Mancini mi piace molto. Ha convocato giovani di talento. Se non facessi giocare Insigne mi dovrebbero arrestare”.
Fonte: Radio Punto Nuovo