Roberto Donadoni conosce le difficoltà che un ct azzurro può incontrare durante il suo cammino e anche per questo è rimasto colpito dalla bella prestazione contro la Polonia. Senza Mancini in panchina e con tante assenze, l’Italia ha vinto nettamente grazie al gioco e all’atteggiamento sempre mostrati dal gruppo negli ultimi due anni e mezzo. Concetti cari anche a Sacchi che, secondo l’ex ct in carica dal 2006 al 2008, porteranno lontano Bonucci e compagni.
Donadoni, cosa le è piaciuto di più domenica dell’Italia? «Lo spirito, il ritmo e l’atteggiamento aggressivo. Gli azzurri hanno tolto l’iniziativa alla Polonia fin dai primi minuti e meritavano un successo più ampio».
E’ ancora più difficile far giocare così bene la squadra se puoi allenarla solo poche volte l’anno? «E’ difficile se non hai interpreti di valore a disposizione, ma fondamentale, più che il tempo a disposizione per lavorare, è l’atteggiamento. Mancini fin dall’inizio della sua avventura ha dato gli input giusti e tutto il resto sta venendo di conseguenza. I buoni risultati, poi, contribuiscono a incrementare la fiducia e convincono ancora di più che quella del gioco è la strada giusta. Contro la Polonia c’erano tanti assenti, ma chi è sceso in campo non li ha fatti rimpiangere. Questo forse è il messaggio più bello arrivato dalla gara di Reggio Emilia».
Sacchi prima e Mancini adesso dicono che il risultato si conquista con il gioco e che a quest’ultimo non bisogna rinunciare. «Concordo in pieno. Quando una squadra ha un certo tipo di mentalità e di atteggiamento, pensare di cambiarli solo perché devi ottenere per forza un risultato sarebbe sbagliato. I principi devono rimanere sempre gli stessi. Magari si può aumentare l’aggressività e avanzare la pressione. Mancini ha fatto questo e il lavoro efficace degli attaccanti ha impedito alla Polonia di creare occasioni nonostante in avanti avesse un certo Lewandowski».
Senza Mancini in panchina e con così tante assenze, lei si aspettava un’Italia così bella? «Le difficoltà del momento sono evidenti perché il Covid ha cambiato le nostre vite. Ciò premesso, ero convinto che la Nazionale avrebbe reagito mostrando l’impegno e la voglia di sempre. Nel calcio tutto si può combattere cercando di tirar fuori la positività e scacciando l’autolesionismo. I ragazzi lo hanno fatto».
Bastoni, Locatelli e Barella: quale giovane l’ha più sorpresa? «Non parlerei di singoli perché la peculiarità di questo gruppo è lo spirito “giusto” che tutti gli interpreti hanno. Vi faccio un esempio: Bernardeschi, Belotti e Immobile in fase di non possesso si sono sacrificati nel pressing e gli altri li hanno seguiti avanzando il baricentro. Tutto il resto è venuto di conseguenza: se attaccare alti gli avversari non è un peso o una fatica, ma ti dà gusto, la strada è giusta perché spesso riconquisti la sfera in zona pericolosa e ti riproponi subito. Ciò premesso, Barella ha fatto il movimento perfetto nell’azione del 2-0, Bastoni e Acerbi hanno giocato la palla costruendo bene da dietro e Locatelli ha mostrato personalità. Tutti bravi. Anche chi è entrato come Berardi».
Qual è il merito maggiore del ct? «Il coraggio che ha avuto nel puntare sui giovani. Quando si fa, ci vogliono i ragazzi giusti, ma anche la pazienza di aspettarli un po’. Lui ci è riuscito».
E’ giusto considerare l’Italia tra le 3-4 favorite all’Europeo? «Non bisogna commettere l’errore di pensare a lungo termine. La Nazionale deve “solo” crescere, migliorare gara dopo gara. Mi auguro che disputi un Europeo di alto livello, ma niente pressioni. Ora battiamo la Bosnia e chiudiamo al primo posto il girone di Nations. Giugno è lontano».
E se trovassimo un grande 9… «La Polonia ha il migliore al mondo e contro di noi com’è finita? Se non hai una squadra che ti supporta… La Nazionale sta dimostrando di non aver bisogno di un attaccante super perché ne ha alcuni buoni e trova soluzioni efficaci con i centrocampisti che si inseriscono. Andiamo avanti così e ci divertiremo».
A. Ramazzotti (CdS)