L’Italia s’è desta. «E con un Insigne che è nella sua fase di maturazione fisica e mentale. Si vede che si diverte con l’Italia come si diverte nel Napoli. E si vede come questo gruppo della Nazionale sia veramente unito intorno alle idee di gioco volute da Mancini». Antonio Di Gennaro commenta per la Rai le gare dell’Italia (la telecronaca con Alberto Rimedio di domenica sera al Mapei Stadium ha avuto una share del 23,6 per cento). Ha seguito passo dopo passo la rinascita dopo la caduta con la Svezia e l’esclusione dal Mondiale dopo 50 anni dall’unica volta che non ci eravamo qualificati.
Di Gennaro,questa Italia e questo Insigne sono una gioia per gli occhi? «Mancini è riuscito a fare una cosa che pare scontata ma non lo è: far giocare Lorenzo e tutti gli altrinel proprio ruolo prediletto. Non ha inventato nulla,non pretende che,per esempio, Bernardeschi faccia la mezzala o il terzino. Ed è per questo che ha avuto questa risposta da parte di tutti: Insigne con la Polonia ha giocato a tutto campo. Esattamente come fa con Gattuso. E Mancini non lo limita. Ed è questo che ha portato a questi risultati. E non è un caso che, anche se mancano 10 o 20 calciatori,nessuno sene accorga».
Un’Italia che entusiasma? «Ma diciamolo chiaramente:c’è qualcuno che, in questo momento, gioca bene al calcio in Italia come la Nazionale? Io faccio fatica a trovare chi si esprime in questa maniera in serie A.Certo, a tratti ci sono Gattuso e Gasperini che provano a farlo,ma ora come ora nessuno diverte come l’Italia di Mancini. Che mi fa venire in mente il Napoli di Sarri per il modo con cui è padrona del gioco,per la qualità che mette. Sia pure tra le difficoltà tecniche di avere i calciatori a disposizione per pochi giorni a distanza di mesi».
Un caso che in quel Napoli c’erano Jorginho e Insigne? «Per nulla.È un tema di gioco caro a due pedine fondamentali per questa Nazionale:Jorginho è un regista che incanta, dà i tempi a tutti e fa esattamente in azzurro quello che più gli riesce meglio.E Lorenzo è uno che si esalta se gioca come ha sempre fatto, ovvero da quel lato del campo. Risultato? Si gioca a memoria.E in questo Mancini è come Gattuso:non pensa affatto di usarlo diversamente».
Non era una operazione facile? «Mancini ha avuto un vantaggio: è partito da un fallimento totale. E ha puntato ai risultati e al gioco. Servivano qualcosa per far tornare l’amore della gente per la Nazionale.E allora ecco che l’Italia gioca un calcio moderno, come non succedeva dal 2012 con Prandelli: la ricerca del dominio del gioco con il possesso. È importante. La Polonia anche all’andata è stata stracciata e l’Olanda,dopo aver perso in casa, a Bergamo Mancini l’ha costretta a fare una cosa unica a questi livelli: cambiare modulo in difesa.Vuol dire che sono tornati a temerci.Ed era arrivata l’ora».
Euro 2020 non è così lontana? «Non lo è. Il gruppo è fatto e nella fase finale tutto sarà possibile. Francia e Belgio hanno sulla carta qualcosa in più ma con questo entusiasmo,combinato al gioco e alle idee, davvero credo che si possa tornare a sognare».
Molti club volevano boicottare gli impegni delle varie nazionali per timore del coronavirus. «È chiaro che le società guardano ai propri interessi,ma io non conosco calciatore al mondo che rinuncia a indossare la nazionale. A me, da bambino, semi avessero detto quale era il mio sogno avrei risposto indossare la maglia dell’Italia.E anche al piccolo Maradona ricordo che chiesero cosa volesse nella vita e lui disse: “Giocare un Mondiale e vincerlo”. Io avevo il nodo alla gola quando sentivo l’inno di Mameli,ma non solo durante la Coppa del Mondo in Messico ma anche quando indossavo l’azzurro nelle selezioni giovanili. Bonucci domenica sera è rimasto lì, a Reggio Emilia,per dare sostegno a quelli che giocavano con la Polonia». P. Taormina (Il Mattino)