Niola (Doc Univ.): “Sentenza? Insinuazioni basse. Un giudice non può esprimersi così”

Si può partire da Pasolini («il calcio è l’ultima rappresentazione sacra, l’ultimo grande rituale di un mondo che ha perso ogni rituale») per ritrovarsi adagiati, ascoltando Marino Niola, dentro le atmosfere brulle di una Juventus-Napoli che non finisce mai, pur senza che sia mai cominciata. E si può esaminare ciò che succede intorno, anzi dentro, una (non) partita, persino antropologicamente, per tentare di comprendere cosa sia accaduto e cosa potrebbe ancora succedere.

Il professor Niola, dopo aver letto la motivazione della Corte Sportiva d’Appello, ha pensato che…? «Sono tifoso del Napoli ma farò uno sforzo di oggettività. E quella decisione dai toni che si possono tranquillamente definire ingiuriosi mi è sembrata onestamente fuori dalla grazia di Dio».

La distanza tra l’allusione e l’accusa grave ma pure greve è sembrata minima. «Il modo potrei definirlo rozzo e le insinuazioni sono bassissime, fondate su circostanze che intanto andrebbero dimostrate ma che soprattutto nascondono un pregiudizio ai limiti del razzismo nei confronti del Napoli e di Napoli. È un clima, questo, che negli stadi è ricorrente: ma se da un tifoso ti puoi aspettare, ahimè, i cori insultanti, da un Giudice dovrebbe essere utilizzato un linguaggio ed un metodo di comunicazione diverso».

E invece passa il messaggio che il Napoli abbia architettato un grande imbroglio…! «Come se non ci fossero i provvedimenti delle due Asl, con incluso il veto di andare a Torino. Il calcio continua a pensare di vivere una propria extraterritorialità, in uno stato di eccezione che mette in discussione l’idea stessa della legalità. Ma in questa storia, che è tutt’altro che bella, mi soccorre Andreotti: visto che c’è di mezzo la Juventus, verso la quale viene utilizzata una certa benevolenza, a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina».

Potere «magico» di questa vicenda: sistemare, idealmente, quasi tutta la Napoli che vive di calcio al fianco di De Laurentiis. «Perché lui non è mediatore e vuole andare avanti in questa sua sacrosanta battaglia sino all’ultimo grado di giudizio e anche oltre. Se non abbiamo una mente irrimediabilmente distratta, le leggi dello Stato non possono essere secondarie a quelle dello Sport. E comunque, niente unisce come un unico, comune antagonista e la Corte d’Appello, in questo caso la Giustizia sportiva, è l’avversario odioso autore del sopruso. Napoli si rivede in questo De Laurentiis e la fusione mi sembra naturale».

Ha scritto, tempo fa: giocare è una cosa seria. Magari stavolta il professor Niola la pensa diversamente… «E invece no, perché il calcio, non so se in questo momento drammatico ancora di più, resta serissimo, pure perché motore di interessi notevoli. Ma per rimane tale per ciò che rappresenta, per quella identificazione collettiva che scatena, per la capacità di catturare la passione di chiunque, senza distinzioni». 

A. Giordano (CdS)

 

 

 

 

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