Antonio Giordano: “L’identità che ancora non c’è!”

Il pensiero di Antonio Giordano sul CdS:

“Ora che tutto così tutto «limpidamente» opaco, è inutile – e sarebbe persino dannoso – turarsi il naso e fingere di potersene stare comodamente all’ombra d’una vittoria che dice niente eppure spiega tanto: il Napoli non sa ancora bene cosa sia, non riesce ad esprimerlo, ha una serie di idee che restano lì, come tracce d’una irragionevole difficoltà espressiva. E dev’essere stato l’influsso stordente del 5 novembre, una data che sa di ammutinamento (stavolta tecnico e anche tattico) a farlo sparire dalla propria vocazione, per ritrovarlo sperduto in quella confusione che ha sparso qua e là, si direbbe ovunque per un’ora intera, una serie di rebus da risolvere immediatamente, prima che lo stupore si trasformi in crisi (d’identità).  

 

Rino Gattuso sta cercando non solo una squadra, né la sua evoluzione, ma anche risposte semplici, di psicologia spicciola, per riuscire a costruire un’autorevolezza che dìa spessore ai sogni: ci sono post-partita, a volte, che hanno un potere educativo nettamente più illuminante di quell’ora e mezza in cui il pressing è un concetto vuoto e il forcing un’astratta nozione e quando Rijeka-Napoli è finita, senza lasciarsi abbagliare dalla vittoria, evitando contorsioni dialettiche e rifugiandosi in una sincerità più seducente di qualsiasi triangolazione, dalla panchina s’è alzata l’eco dolente di chi ha scelto di guardare oltre l’effimero. In questo avvio di stagione che comunque ha offerto sensazioni (persino) esaltanti, il Napoli ha lasciato che pure il suo allenatore restasse disorientato da queste incontestabili anomalie, da vuoti di memoria che spingono a studiarsi severamente, perché tra l’AZ, poi il Sassuolo e ancora con il Rijeka, i tre indizi che sono stati sufficienti a definire una prova hanno avuto un origine innanzitutto caratteriale.
Ma ai margini d’una maturità che va plasmata nel tempo, il Napoli s’è anche accorto di aver smarrito la propria natura: s’è risistemato, uscendo dal tridente, per favorire l’inserimento di Osimhen e poi è rimasto in questo copione che alimenta il sospetto d’una «spaccatura» tra i reparti, d’una fragilità ch’è racchiusa nella inferiorità, di un’abbondanza offensiva che toglie un uomo al centrocampo e non aggiunge fantasia lì davanti. Però c’è la consapevolezza di dover andare a scoprire, onestà intellettuale in mano, dove intervenire”. 

 

 

 

 

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