Sedici milioni, trecentoquarantottomila e cento abitanti: e tra loro, tra caos e disperazione, gli occhi smarriti d’un bambino, soffocato dalla miseria. «La mia vita è stata dura, non c’è nulla che mi sia piaciuto. Mia madre è mancata quando ero piccolo, tre mesi dopo mio padre ha perso il lavoro. E’ stato un periodo molto difficile per me, per i miei fratelli e le mie sorelle. Dovevo vendere acqua nelle strade trafficate di Lagos per poter sopravvivere».
Ora è a Napoli. «Voglio ringraziare i tifosi del Napoli per avermi spinto a fare questa scelta. Prima di arrivare mi avete mandato messaggi, foto, video, mostrandomi la vostra bellissima città ancor prima che venissi qui. Penso che il 70% del lavoro per farmi venire qui lo abbiate fatto voi. Vi sono grato e spero di rendervi orgogliosi, dando tutto quello che ho, per avere il vostro sostegno. Se qualcuno mi avesse detto, tre anni fa, che avrei giocato in una delle squadre più importanti al mondo non ci avrei creduto. Ora credo che nulla sia impossibile e vi sono grato per questo».
Dalle notti inquiete di Lagos a mister settanta milioni. «Ho trascorso momenti difficili al Wolfsburg, sono stato rifiutato da due squadre belghe e poi sono stato reclutato dallo Charleroi. Questo appena tre anni fa. Mentre ora spero di poter vincere, spero presto, il premio per il miglior calciatore africano dell’anno, di somigliare a Drogba, che è il mio idolo, di conquistare con il Napoli ciò che la gente vuole. Faccio tutto questo perché credo che il calcio sia l’unica via per me e la mia famiglia, per poter vivere una vita dignitosa».
A. Giordano (CdS)