Ma certo che esiste un piano per cambiare la formula della Serie A. Deve esistere per forza. Intanto perché lo ha detto Gabriele Gravina, il presidente federale, ieri nell’intervista al nostro giornale. Poi perché se non ne preparassero uno sarebbero incoscienti, e nonostante quel che si dice di loro non lo sono. Oggi come oggi si tratta di un progetto di emergenza, ancora in embrione, che prevede tre fasi: un girone tipo andata, una seconda parte probabilmente con pochi incontri tra squadre predeterminate, un torneo finale a eliminazione diretta tra otto club. Qualcosa sulla falsariga di diversi campionati latino-americani. Meno partite in totale, una chiusura rapida.
Come per tutti i piani di riserva, nessuno spera di dovervi ricorrere sul serio. Ma in tempi di pandemia non si può mai sapere. Dunque, con la Figc anche la Lega di Serie A porta avanti questo studio preliminare. Solo che su tali basi si può pensare, e Gravina ci pensa, di andare oltre e rendere strutturale la riforma. Non oggi, neppure domani, ma un giorno.
Significherebbe, in periodi meno inquieti, ricavare date in più per le competizioni europee (visione dell’Uefa) o per le squadre nazionali (visione della Fifa, che spinge anche per la valorizzazione dei campionati nazionali). A parte qualche innervosita reazione singola – mai accaduto che i presidenti di Serie A siano realmente unanimi su qualcosa o che abbiano lo stesso stile – la Lega in questo momento non ha alcuna fretta di affrontare l’argomento. Per la Serie A si tratta di quel che dicevamo: un piano di emergenza da mettere in campo casomai il virus costringesse il campionato che sta per cominciare a fermarsi o a procedere a singhiozzo. La Federazione considera invece la nuova formula un serissimo spunto di riflessione, anche per un futuro di normalità. E non è sola: in Lega esistono componenti a cui l’idea di cambiare radicalmente il campionato non dispiace affatto.
Al momento però i club hanno altro a cui pensare e questo altro non contempla neppure l’introduzione del Var a chiamata che tra parentesi a Gravina non piace. Oggi la Lega lavora intorno a due priorità. L’introduzione di fondi di investimento nella gestione dei diritti televisivi, questione che dovrebbe andare a dama nel giro di due o tre settimane, visto che i contratti attuali scadono a giugno, cioè di qui a poco; e la riapertura degli stadi. Quest’ultima sì che è una questione caldissima, diremmo bruciante. I mancati introiti da biglietteria stanno facendo vacillare l’intero sistema. Abbiamo prodotto un dossier di quattrocento pagine in cui avanziamo indicazioni e proposte per la ripartenza in sicurezza e nessuno l’ha letto, si avvelenano in Lega. L’irritazione nei confronti di una politica che non risponde si taglia in due. Di qui a poco, più che una nuova formula per il campionato servirà un miracolo. Fonte: CdS