Un progetto ambizioso, per diverse ragioni, “Interrompo dal San Paolo”, libro edito da giammarinoeditore, in questi giorni in libreria. In primo luogo perché si affida a 2o donne che, notoriamente, secondo uno dei più classici dei luoghi comuni, sono prive di cameratismo e poco atte a fare squadra e poi, anche se in maniera nuova, e non omologata, le fa parlare di calcio. Altro tabù difficile da sgretolarsi. Le donne, semplicemente, di calcio non ne possono parlare, perchè non lo sanno fare. Ma, la sfida più grossa che autrici, curatore ed editore, si sono proposti per questo testo, è quello di riportare il calcio a ciò che era: un coacervo di emozioni, di ogni sorta. Personali, intime, condivise, familiari. Qualcosa che viaggia attraverso le onde sonore di una radio, attraverso una frase mediante la quale, in un preciso momento della domenica, tutto si fermava. Interrompo dal San Paolo, appunto…
Una delle donne che hanno preso parte al progetto è Gabriella Calabrese, capo redattrice de IlNapolionline. Allora, Gabriella, perchè hai accettato la sfida? “Beh, perché le amo, le sfide. E questa aveva tutte le componenti giuste. In più, scrivere è la mia passione. Poterla unire al calcio, in questo caso al Napoli che è, da sempre, passione viscerale, mi è sembrato quasi naturale. Fermo restando che non stiamo parlando di un libro per calciofili, ma di un testo dove il calcio, un gol, aprono ad un’emozione. Niente cronaca calcistica, storie da raccontare”
Il calcio, il San Paolo, il Napoli e la radio, quindi… “Io sono cresciuta con queste cose. Il calcio ha accompagnato la mia crescita, fin dall’ età di 9 anni o giù di lì, il San Paolo l’ho conosciuto a 12 e non l’ho più abbandonato. Ma, quando il Napoli era lontano, c’era la radio. E quella splendida frase che dà il titolo al libro. Quando la sentivo, cascasse il mondo, mi fermavo. E non solo io. E la fantasia correva e si aggrappava alla descrizione dell’ attimo. Quella descrizione di quell’ attimo ti riempiva la giornata, ti faceva vedere e rivedere l’azione nella tua testa, ed ogni volta l’emozione si rinnovava. Altro che linee, fermi immagine, moviole, movioloni e Var…Senza fare polemiche, ovviamente, ma le componenti che rendono il calcio insostituibile, sono altre…”
Un inno al passato, quindi? “Non direi proprio così, altrimenti si corre il rischio di sembrare anacronistici, direi solo che sarebbe il caso di riscoprire ciò che di buono c’era, in questo passato. Cosa che poi si dovrebbe fare a prescindere dal calcio. Innovare, certo, stare al passo con i tempi, ma le radici, ciò che eravamo e ci ha fatti crescere, arrivare ad oggi, non andrebbe mai cancellato. Noi, con la smania di modernità a tutti i costi, stiamo proprio facendo questo. Io amo i ricordi, le vecchie foto, i come eravamo. Sono il punto di partenza di ciò che siamo diventati. E senza quel calcio della domenica pomeriggio, quelle in cui si aspettava con ansia 90esimo minuto, neanche il calcio sarebbe diventato il fenomeno di massa che è adesso”
Parliamo nello specifico del tuo racconto, l’emozione è data da un gol di Lorenzo Insigne, capitano dell’ attuale Napoli… “Sì, perchè Lorenzo, come la protagonista del mio racconto, vive la condizione del nemo propheta in patria, perchè entrambi scelgono di “restare a casa”, nonostante tutto. Mi prendo la briga di raccontare il diritto, sacrosanto, per tutti, di fare scelte non condivise, con la consapevolezza del non poter e dover piacere per forza. C’è l’ambizione del voler star bene seguendo le proprie aspirazioni e guardando con un sorriso al proprio passato che, attraverso una voce, si ripresenta per una sera, proprio come fa da sempre l’Interrompo dal San Paolo dagli studi di “Tutto il calcio minuto per minuto…”
Ultimo messaggio per i lettori allora, un appuntamento con loro “Sì, vorrei farlo dicendo una cosa. Gli argomenti trattati nei vari racconti sono i più disparati. Dalle storie di famiglia, ai risvolti intimi, ai temi sociali, ai riferimenti politici, al futuro…ci si può ritrovare. In più, aggiungo solo una cosa. Se proprio dobbiamo utilizzare i da me odiati luoghi comuni, utilizziamoli tutti. Si dice che le donne sappiamo prendersi cura meglio di ciò che amano. Visti i risultati a cui è arrivato il calcio oggi, dopo decenni di esclusiva maschile, si può senz’altro dire che qualche errore è stato commesso, per cui…”
a cura di Alessandro Sacco