Ma no, il lockdown è finito: se lo è detto da solo, nel silenzio ovattato del San Paolo, e se lo è ripetuto in viaggio verso Bergamo, ripensando al tempo che lo separa dalla felicità più pura: centotrentadue giorni, e sanno di eternità, da quella sera del 21 febbraio in cui ancora non c’era piena percezione del virus e del dramma. Poi c’è stato l’Olimpico, e sì, quello è stato il “delirio”, sempre undici metri, in quella che chiamano “lotteria” mentre invece è una gara di precisione e di tecnica, contano vari fattori, si sa, la freddezza, la padronanza di se stesso, la capacità d’essere “illeggibile” al portiere: e Lorenzo Insigne c’è riuscito ancora, pur avendo di fronte quel “mostro” di Buffon. Il distanziamento sociale dal gol per Insigne è di undici metri: ha segnato al Brescia, poi l’ha fatto alla Juventus e poi s’è messo a contare di nuovo, perché conviene sussurrarselo sinceramente, il gol su azione è altra cosa, proietta in una dimensione onirica diversa, riempie di sé una partita con un gesto e ora che Insigne s’è fermato il 26 gennaio, pure quella volta con la “Vecchia Signora”, ormai sono sei mesi (tutto compreso) ed è forse arrivato il momento di scongelarsi. Fonte: CdS