Renzo Arbore ne parla ai microfoni de Il Mattino:
«Certo, ho visto la partita. A casa. E alla fine mi sono alzato in piedi e ho applaudito, da solo, davanti alla tv».
Nel senso che gli altri sono rimasti seduti?
«No, no. Ero solo. Solo io».
Renzo Arbore, partenopeo nel cuore, e la finale di Coppa Italia vinta contro la Juve. Tifoso del Napoli?
«Tifoso di Napoli. E, dunque, del Napoli. Dai tempi di Jepson. Ma il tifo è anche interessato. Motivi aziendali. Se la squadra vince, l’Orchestra Italiana suona meglio».
Parafrasando il titolo del programma sul suo channel, questa vittoria è stata il 51° sorriso da Napoli.
«Lo stesso che avvolge il ricordo del primo scudetto. Sto recuperando un raro filmato della festa che facemmo al Mediterraneo cantando Core napulitano con le parole adattate per l’occasione: Chisto è o scudetto nuosto, napulitano. La Laurito era la voce principale. Nel coro ricordo Merola, D’Angelo, Senese, Di Capri, la De Sio, De Piscopo. Con Maradona festante in prima fila. Il tempo di montarlo e trasmetterò il video a Striminzitic, su Raidue».
A chi ha pensato alzandosi, da solo, per applaudire?
«A Luciano De Crescenzo. Non si poteva fiatare quando vedeva una partita del Napoli. Sapeva benissimo che la vittoria era una consolazione. Per dire: me so’ cunsulato. L’entusiasmo che questo popolo sprigiona quando festeggia non ha uguali. Pensate a Oje vita, oje vita mia. L’altra sera è stato inevitabile intonarla, anche se è una serenata e si dovrebbe cantare a mezza voce. Il motivo, però, è talmente contagioso da diventare un inno alla vita».
Una vittoria contro la Juve vale di più.
«Eh sì, una storia antica. Mettici pure i tradimenti di Sarri e Higuain e capisco il gusto del riscatto. I tifosi si sono tolti qualche sassolone dalla scarpa. Ma mi fa piacere notare anche il nobile sentimento sportivo di un Meret, che ha avuto parole di elogio per Buffon; una bella favola dell’allievo che vince contro il maestro, ma resta fedele all’ammirazione per lui… La verità sa qual è?».
Dica.
«Che la città gode di una stagione splendida. I napoletani si sono comportati benissimo nei mesi oscuri del lockdown. La quarantena, regno dell’ombra, ha mostrato una metropoli solare, confermando che la vituperata cartolina col panorama è strepitosa. Anche senza il pino. Ora bisogna pensare allo scudetto. De Laurentiis ha detto: dobbiamo sognarlo. D’accordo. Prima o poi, il sogno si avvera. Io ci metto un portafortuna: la maglia del Napoli di oggi, con le firme dei calciatori. Me l’hanno regalata».
Nella festa dell’altra sera la città ha gettato al vento tutte le regole sul distanziamento.
«L’abbraccio, a Napoli, è come il suo sorriso. Inevitabile».
A cura di Luciano Giannini – Fonte: Il Mattino