Sono legati. In maniera indissolubile. Lui lo chiama ancora ragazzo. Marcello Lippi conosce bene Rino Gattuso, il tecnico che ha ridato identità al Napoli. Un uomo che nella città partenopea può trovare la sua giusta dimensione. «Vince con un gruppo che ha ricompattato, con un’idea in cui ha creduto e con uomini che ci hanno creduto. Ci voleva Rino Gattuso per riportare il Napoli in alto».
Non c’è il rischio, adesso, di un certo appagamento in questo Napoli? «È sempre il pericolo che si nasconde il giorno dopo una vittoria così importante per un gruppo. Ma con Rino allenatore è impossibile pensare a un calo mentale, rilassamento. D’altronde loro hanno appena cominciato a vincere e sono sicuro che la Coppa Italia non basterà. D’altronde hanno capito che solo con un certo tipo di atteggiamento si possono raggiungere determinati risultati come quello di mercoledì all’Olimpico. Io dopo aver vinto il mondiale per club a Tokyo con la Juventus mi girai verso il mio vice Narciso Pezzotti e gli dissi: Ciso, abbiamo vinto il campionato, abbiamo vinto la Champions, adesso il mondiale: ora ricominciamo da capo. Ed è quello che Gattuso dirà ai suoi ragazzi prima dell’inizio del campionato».
Gattuso aveva paura di perdere la finale con la Juventus perché temeva l’etichetta di perdente. «Le sconfitte sono dei momenti che per certi versi posso essere anche belli. Io, come tanti altri, ho imparato e sono cresciuto perdendo. Sono diventato uno che ha vinto tanto, proprio partendo da quelle sconfitte. L’essere umano deve fare i conti con i momenti di difficoltà che capitano spesso. Lì si vede la differenza perché chi ha capacità nel momento negativo tira fuori la grinta, guarda in faccia la sconfitta e dice: ora ti faccio vedere io quello che so fare. Il calcio è esattamente come la vita. Tutto aiuta a diventare migliore, soprattutto i momenti bui. Quindi, questa paura Rino non deve più averla».
È un po’ una sorpresa questo Napoli che conquista la Coppa Italia tenendo conto di quello che ha passato quest’anno? «Nei primi giorni di Gattuso sono andato a trovarlo a Castel Volturno. Era evidente che era atteso da un compito non semplice, perché non era semplice la situazione che aveva trovato. Ma io so chi è Rino, lo conosco da anni. E a chi me lo chiedeva dicevo: Seguitelo, in pochi hanno le sue capacità di compattare i gruppi. Ed è così: è riuscito a dare al Napoli un senso di appartenenza che prima non c’era e ha gestito benissimo un momento pieno di problemi. E ora non posso che essere contento per la sua gioia, per la sua vittoria».
Cosa ha fatto vedere il Napoli contro la Juventus dopo un così lungo periodo di stop? «La squadra ha grandi qualità tecniche ma c’è una unità di intenti che si vede in maniera evidente e che mi sembra in questo momento sia in grado di fare la differenza. C’è una compattezza straordinaria che è alla base dei risultati conquistati da Gattuso con il Napoli».
Il simbolo di questa impresa? «Il simbolo è lo spirito di squadra che c’è. Ma io ho fatto caso anche a un’altra cosa: ho visto l’emozione di Callejon, ho visto le sue lacrime. E mi hanno colpito. Leggo che sarebbe alla fine della sua permanenza a Napoli, che potrebbe andar via tra poco. Eppure piangeva per la gioia di aver vinto la Coppa Italia. E questo la dice lunga dello spirito e della compattezza di questa squadra».
Questo Napoli di Gattuso cosa ha delle squadre di Marcello Lippi? «Non lo so. Certo, l’affetto che ho per lui è unico. Diciamo che anche a me è sempre piaciuto avere squadre concrete, compatte, dove si percepisca la sensazione che ogni calciatore mette a disposizione degli altri le proprie qualità e il proprio sacrificio».
Come è vincere ai rigori? «Bello, esattamente come vincere al 90′. Io ho vinto una Champions ai rigori con l’Ajax, ne ho persa un’altra ai rigori a Manchester e poi ho vinto con la Francia ai rigori. Devo dire che, sarà una coincidenza, ma quando ho vinto ai rigori, avevo meritato di vincere anche nei tempi regolamentari».
Un po’ come il Napoli che nella finale ha fatto meglio della Juventus, non trova? «Sì, è vero, il Napoli aveva meritato la vittoria. Nel secondo tempo ha costruito azioni e ha avuto più possibilità di far gol dopo un primo tempo in cui ci sono stati un po’ troppi errori in uscita. Però poi Gattuso ha sistemato le cose e tutti sono stati più attenti, più precisi. Mostrando di avere una condizione atletica buona, anche se non proprio ottimale. Il che è normale visto il periodo straordinario».
Può aprire un ciclo? «Ha iniziato bene, è questa la strada. Voglio bene a lui, voglio bene al Napoli, e spero tanto che sia così».
Domani torna il campionato, è importante tornare a giocare? «La gente ha bisogno di svago, di tornarsi a divertite guardando le partite. Poi, è chiaro, che dopo un periodo così lungo di inattività è possibile che ci sia chi è più dietro di altri. Però il Napoli ha una compattezza che in questi momenti come questi, dove in tanti avranno difficoltà atletiche e fisiche, può aiutare».
Questo campionato d’estate può regalare tante sorprese? «C’è curiosità. È una grande incognita. Quel che conta è che con questa quarantena soft c’è la certezza che il campionato finirà. Ed è la cosa più bella che i verdetti vengano dati dal campo, al di là dei playoff e algoritmi vari».
Anche la Final Eight di Champions è una grande incognita? «Sarà una specie di lotteria, con gare secche, in campo neutro, in una unica città. Ma era l’unica maniera per far finire questa annata, e per questo la Uefa ha fatto la cosa giusta. Anche il Napoli con il Barcellona ha delle grosse possibilità di riuscire a passare il turno».
I suoi amici in Cina cosa dicono? «Adesso è ancora tutto fermo, il campionato non si sa ancora quando ripartirà e neppure come. Si pensa di dividere in due gruppi e far giocare solo in due città. Ma è tutto in alto mare».
A proposito, tornato al mare dopo il lungo lockdown? «Ho ripreso con la pesca appena ho potuto. Si respira un aria più serena e il ritorno del calcio sta dando una grande mano al ritorno alla normalità».
A cura di Pino Taormina, Il Mattino