Puntava l’ indice. Come a voler fiutare il vento di una traiettoria. Un capitano di lungo corso del prato verde. Puntava il dito indice, calibrando la direzione di un lancio che quel suo piede da obice sapeva disegnare. Una parabola arcuata e lunga, potente e simmetrica, in diagonale, a mezz’ aria. Come poi se ne videro poche. Se non in tempi di assoluta magia. Tempi gelosamente custoditi nel cassetto della memoria. Puntava il suo indice. E la sfera volava. Volava. Volava. Fino a planare sul piede del suo destinatario. Perfetta. Ruud Krol sfregava lo scarpino, accarezzando con quella sua capacita tutta olandese il pallone e rendendolo uno strumento di piacere per gli occhi. Un sarto del football. Per definizione. Mai più si è vista una tale eleganza mista a competenza tattica su un campo di calcio. Forse solo Beckenbauer arrivò a tanto. Ma non nella totale interpretazione del ruolo di libero. Krol ed il suo mito nacquero con il grande Ajax. Una squadra formidabile. Capace di imprese inarrivabili. E crebbe nel mito della grande Olanda. Quando arrivò a Napoli capovolse il talento di una squadra. Quasi da solo. Rese l’ottone di un manipolo di onesti operai della pedata, oro luccicante. Con venature platinate. Lo fece unicamente con il pennello della sua classe immensa. Rudolf Jozef Krol aveva incominciato da terzino sinistro . Chiuso a destra da quel Wim Surbier, “mostruoso” esterno di un Ajax irripetibile. Si era adattato. Allenandosi alla bisogna. Si narra che uscisse dal campo di allenamento a notte inoltrata. Studiando il modo di rendere congeniale un ruolo che non lo era. Ed un bel giorno, quel genio di Rinus Michels si inventò Arie Haan dieci metri davanti alla difesa olandese e Ruud Krol come centrale. Lui, Rudy, non smise più. Era insuperabile. Veloce come il soffio di un Eolo chiomato, e dotato di gambe lunghe come quelle di una cicogna, divenne una sorta di baluardo leggendario. Capace di interrompere l’azione e di impostarla. Ambidestro per vocazione, pennellava cross dopo volate inarrestabili. Vinse tre coppe dei Campioni consecutive in un’epoca nella quale Ajax divenne sinonimo di invincibilità assoluta. Krok era un genio del calcio in un ruolo non prodigo di geni dal punto di vista tecnico. A Napoli fu capace di sfiorare il titolo, in un’annata che resta indimenticabile. Forgiata dalla sua leadership. Una città ed una squadra si strinsero intorno a lui, arroccandosi nella salda unione di un patto suggellato con l’ uomo venuto dal nord. Un uomo venuto dalla terra dei tulipani a schierarsi spalla a spalla nelle fila di quelli che non potranno mai esser scordati. Il dito eternamente puntato verso un orizzonte con indosso una casacca azzurro cielo. Che romba per sempre il suo nome, ritmandolo come un grido di guerra: “Rudy! Rudy! ”
a cura di Stefano Iaconis