Gianfranco Zola, il campione che raccolse a Napoli la 10 da Maradona nel 1991 è da circa tre mesi nella sua Sardegna, dedicandosi ai suoi affetti più cari, ma anche seguendo il calcio. Quello che in Italia è ripreso:
Il calcio ha ripreso. Ma come? «Non è ancora al cento per cento il calcio che conosciamo. I ritmi sono un po’ bassi e manca una componente molto importante come il pubblico. È l’inizio, ci vuole pazienza. Era fondamentale ripartire, il ritmo partita e il tifo arriveranno. Capiremo nelle prossime settimane se è stata corretta la tempistica».
C’è stata una corrente contraria alla ripresa, almeno fino alla scorsa settimana. «Il calcio rappresenta un’importante componente sociale per il nostro Paese: non dimentichiamolo».
Le due semifinali di Coppa Italia sono state differenti: calcio vero in Napoli-Inter, al di là di comprensibili difficoltà fisiche, non in Juve-Milan. «È accaduto per una differenza di valori in campo, credo, perché al Milan mancavano giocatori importanti. Napoli e Inter, invece, erano al completo e hanno così dato vita a una sfida aperta».
E domani a Roma c’è la finale, a poche ore dalle semifinali: quanto può incidere la fatica delle partite di venerdì e sabato? «Quando trascorri tanto tempo senza giocare, ti alleni ma il ritmo non è lo stesso. Niente ti prepara come la partita. I giri del motore sono differenti, tra allenamenti e gare, specie se si tratta di sfide che assegnano un trofeo. Ci vuole un forte spirito di adattamento da parte di allenatori e calciatori».
Nella classifica ferma al 9 marzo ci sono 24 punti di differenza tra Juve e Napoli: si faranno sentire all’Olimpico? «È una finale molto equilibrata, il campionato è un discorso distante da questa sfida. La Juve ha grandi campioni e grande organizzazione, dall’altro lato c’è il Napoli che ha ritrovato la compattezza con Gattuso: difendono tutti e bene, una caratteristica tipica delle squadre di Gennaro. E trovare spazio per la Juve non sarà semplice, specie dopo il rientro di Koulibaly».
Il 4-3-3 di Sarri non è quello di Gattuso. «Diversi, sì. Non so se Gennaro riproporrà i tre piccoli là davanti: è una formula che mi piace, se dovesse decidere di difendere più basso potrebbe usare meglio il contropiede. E la Juve, per la sua impostazione, è abituata ad attaccare alto per provare a chiudere gli avversari nella loro metà campo. La rapidità e la velocità di quei piccoli là davanti rappresentano un valore aggiunto e si è visto nell’azione del gol del pareggio contro l’Inter».
Trent’anni dal secondo e ultimo scudetto: lei era arrivato da pochi mesi a Napoli. «Fu una fortuna trovarmi in quel gruppo, in un altro momento storico per la città a tre anni dalla prima vittoria del campionato. Un calciatore che ha vissuto quell’atmosfera non può che augurarla a chi oggi indossa quella maglia e siede su quella panchina».
Come vede il futuro del calcio? «La pandemia ha cambiato tutti gli equilibri, non riesco ad immaginare la dimensione del mondo, non solo quella del calcio. Penso che si dovrà puntare sulle risorse locali, vale per il nostro settore come per le altre aziende. È il modo per difendere il patrimonio italiano e il futuro. Dunque, prestare più attenzione ai vivai. Questa può essere l’idea e un magnifico esempio è dato dall’Atalanta, che ha avuto sempre questo obiettivo di crescita dei giovani, arrivando a straordinari risultati nelle ultime stagioni. Ecco, è la strada che tutti potrebbero seguire».
Fonte: Il Mattino