Si ferma il movimento femminile: «Mancano le tutele garantite dal professionismo»

Club e giocatrici non accettano  i playoff. «Così non si gioca»

«No comment». Il calcio femminile torna in un tunnel da cui, faticosamente, era uscito con il coraggio delle idee. Lo fa nel silenzio di decine di società che, interpellate sull’argomento, preferiscono non esprimersi. Nessuna dichiarazione, a parte quella della coraggiosa Katja Schroffenegger della Florentia  . Nell’estate 2019 le ragazze della Nazionale guidata da Milena Bertolini hanno acceso un faro sul movimento, facendosi seguire da milioni di telespettatori (7,3 milioni con il 32,8% di share nella “prima” apparizione su Rai 1 contro il Brasile) durante il Mondiale in Francia. E così, mentre gli uomini vanno orgogliosamente avanti con Serie A, Serie B e Serie C, sul campionato delle donne il consiglio federale ieri ha scritto la parola fine: non si gioca più.  

CONTRASTO. Dal 20 maggio il consiglio direttivo della divisione calcio femminile si è riunito tre volte, mentre in un’altra occasione si sono incontrate le società di Serie A. La fumata bianca sembrava vicina, con la prospettiva di giocare subito un playoff a sei squadre per l’assegnazione del titolo. Ma ieri è arrivata la doccia gelata. «È una formula che non condividiamola lettera che le calciatrici hanno scritto al presidente Gravina – perché non vediamo come possa essere tutelato il merito sportivo con una modalità di gioco che a nostro avviso non garantirebbe la vera equità. O scendiamo tutte in campo o non ci scende nessuna».  
Le donne non hanno stipendi bensì rimborsi spese, non sono tutelate in caso di infortuni o maternità, non riceveranno una pensione a fine carriera. «Il nostro sistema va riformato. È tempo di decidere quale direzione dobbiamo prendere perché situazioni simili non sussistano più. Si parla di noi e delle imprese della Nazionale di cui alcune di noi fanno parte e che sentiamo nostra. Ma è ora di garantire le giuste tutele a tutte, status e condizioni reali di professionismo».  
Curiosamente, a dire basta sono state proprio le calciatrici, spinte dai club. Su 12 società in Serie A, 7 hanno preso una posizione netta contro la ripartenza. A quel punto, anche Gravina ha alzato bandiera bianca. Per la classifica finale verranno applicati gli stessi criteri validi per i campionati maschili: niente scudetto e media punti ponderata casa-trasferta per accesso alla Champions League e nomi delle retrocesse. A conti fatti, scenderanno Tavagnacco e Orobica, mentre dalla Serie B saliranno Napoli e San Marino (che supererebbe la Lazio al fotofinish grazie all’algoritmo).

MANTOVANI. «Abbiamo illustrato tutte le iniziative per favorire la ripresa del campionato – ha dichiarato il presidente della divisione, Ludovica Mantovani, facendo capire la grande spaccatura tra Federazione e club – Un protocollo ad hoc per la tutela delle calciatrici, fornitura e distribuzione di test e tamponi, assistenza medica nell’applicazione del protocollo sanitario, un supporto concreto da parte dell’Aiac, oltre allo stanziamento di contributi specifici. Avremmo ospitato le squadre coinvolte in una sede unica, facendoci carico del rispetto del protocollo gare. Purtroppo le posizioni assunte dalle società sono rimaste fortemente frammentate e dal lato delle calciatrici non emerge oggi un fronte deciso e compatto nel voler giocare».  

A cura di Giorgio Mariota (C dS)

 

 

 

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