Quello che unisce i campioni del mondo del 2006 è un legame fortissimo. Ecco perché oggi Marco Amelia guarda con particolare attenzione le partite del Napoli allenato dal suo amico Rino Gattuso. I due si conoscono bene, si stimano e il fatto che come portieri il Napoli abbia Meret e Ospina è uno stimolo in più per osservare le gare degli azzurri.
Lei è cresciuto in un’era in cui i portieri si dividevano in titolari e riserve, ora non è più così.
«Non esiste più una gerarchia imposta, ma solo quella del campo: allenamenti al top e condizioni mentali serene».
A lei è capitato di vivere una situazione del genere?
«Quando sono arrivato al Milan dieci anni fa mi giocavo il posto ogni settimana con Abbiati. Era tutto nuovo per me che avevo sempre fatto il titolare, ma poi mi sono calato alla grande nella situazione e mi è servito anche al Chelsea, dove c’erano due talenti come Courtois e Begovic».
Il suo segreto?
«Non arrendermi mai e dare tutto in allenamento per convincere l’allenatore a schierarmi titolare nella partita successiva».
Come le sembra questo duello nel Napoli tra Meret e Ospina?
«Sono due portieri molti diversi: Ospina ha esperienza e all’Arsenal ha già vissuto anche questa situazione di alternanza, mentre Meret è più giovane ma ha delle qualità uniche. Il futuro è certamente suo e Gattuso può stare tranquillo con entrambi».
Oggi gli allenatori vogliono spesso un portiere bravo coi piedi: è davvero così importante?
«Da quando Guardiola ha iniziato a usare Victor Valdes come libero aggiunto, un po’ tutti lo hanno seguito. Però saper usare i piedi è una delle tante qualità che deve avere un portiere, non l’unica. Bisogna avere personalità, tecnica, dialettica e saper uscire sulle palle alte».
A proposito di allenatori, lei ha iniziato la carriera come Gattuso partendo dalla gavetta: che idea si è fatto di Rino in panchina?
«Proprio come quando era calciatore, è molto attento all’ordine in campo».
Cos’altro rivede di quel calciatore nel tecnico che è diventato?
«Ha improntato la sua carriera su intensità e grinta e oggi, quando lo inquadrano in panchina, rivedo quell’atteggiamento da trascinatore: ieri lo faceva con i compagni, oggi lo fa con i suoi giocatori. Ce l’ha nel sangue». Fonte: Il Mattino