Si è sempre detto che la penna ferisce più della spada. Oggi, la penna è divenuta tastiera, ma per esprimere opinioni, condannare, difendersi ed anche vendicarsi, va più che bene. In più c’è la faccenda dell’ uomo nero. E’ stato sempre lo spauracchio raccontato ai bambini per tenerli buoni. «L’uomo nero» è anche un vecchio appellativo dato agli arbitri (prima rigorosamente vestiti di scuro) e, da venerdì, anche un libro-denuncia scritto dall’ex direttore di gara della CAN A, Claudio Gavillucci, insieme con Manuela D’Alessandro e Antonietta Ferrante (Chiarelettere, € 14). Un libro che racconta la storia, gli intrighi, le luci ma anche le tante ombre di una categoria, quella appartenente ai giochi di potere dell’AIA, sempre più opaca. Una sorta di romanzo giallo, che non vuole essere contro gli arbitri ma a favore, che cerca di fare chiarezza dal di dentro, da chi in quel mondo ci è passato e ha lottato per avere giustizia.
CdS