Milena Bertoni (c.t. Italia): “Il movimento per crescere, deve concludersi la serie A”

Nei prossimi giorni il calcio femminile conoscerà il suo destino, in modo particolare la serie A, soprattutto sulla questione legata al protocollo. Tornare in campo è l’idea del c.t. dell‘Italia Milena Bertolini. “Credo che la scelta di provare a ripartire sia stata di buonsenso: interrompere la B e la C è stato giusto ma fare di tutto per terminare la A lo è altrettanto. La Serie A femminile non ha lo status professionistico ma come impegno, organizzazione e sviluppo la si può considerare tale. La B ancora è un passaggio, ha un’anima più dilettantistica. Credo che il campionato di A debba essere concluso per vari motivi: per dare valore a impegno e sacrifici, economici ed organizzativi, di tutte le componenti fino a fine febbraio, inizio marzo. Poi perché interrompere il campionato significherebbe fermare il percorso di crescita del movimento, quello degli ultimi cinque anni. Ogni anno c’è stata una crescita a 360 gradi, e poi ci sono altre mille ragioni. Penso sia importante anche per le società, le giocatrici sono patrimonio del club e del calcio italiano, tenerle ferme per mesi significherebbe avere poi problemi per farle ripartire. In più, e non è una questione personale, bisogna pensare anche alla Nazionale. Sono in questo movimento da tanti anni, sia da giocatrice che da allenatrice, e so quanto sia importante il pensiero sulla crescita, ma non è un fatto individuale bensì di percorso collettivo, è una missione. Quando hai dentro questa passione e un certo spirito, non è un caso se fai risultati come quelli delle ragazze al Mondiale: avevano il fuoco dentro. Quello del professionismo è un altro discorso fondamentale: dobbiamo mettere alla pari le nostre ragazze rispetto alle loro coetanee straniere. L’impresa del Mondiale è stata andare oltre alle differenze nei mezzi”.

Durante la diffusione dell’epidemia avete giocato al Algarve Cup. Che esperienza è stata? “Bella. Chiaro che all’inizio, nel partire, abbiamo avuto titubanza, anche se poi la Federazione ha deciso che potevamo partire, e devo dire che anche là eravamo in condizioni di estrema sicurezza. Nel centro sportivo c’eravamo solo noi… Sentivamo le notizie dall’Italia ma non era cambiato molto, non vivevamo la situazione. L’atteggiamento era disteso, sereno, poi l’Italia che era diventata zona arancione ha creato preoccupazione e tensione, soprattutto per le persone che c’erano a casa. Da lì di ora in ora cambiava ogni volta la situazione. Siamo ripartite velocemente, o rischiavamo di rimanere là. Dispiaciuto non giocare la finale, ma la motivazione sportiva è passata naturalmente in secondo piano”.

La Juventus vincerà otto Scudetti di fila anche nel femminile? “Ha dimostrato di avere progettualità e visione maggiore rispetto alle altre. Questo lo dicono i fatti. I risultati che sta ottenendo sono frutto di un progetto a largo respiro, ma devo dire che ci sono anche società come la Fiorentina, con la nuova proprietà, o l’Inter, la Roma, il Milan: tutte queste stanno venendo avanti, in modo diverso, magari passando anche dai settori giovanili, e mettendo le basi per competere con la Juventus. Chi è dietro lavora per raggiungerla e questo è molto importante per il movimento: significa livello più alto e giocatrici più pronte e preparate, competitive per la Nazionale”.

Quando pensa che potrà riavere le ragazze? “Per quanto riguarda la Nazionale è stato tutto slittato a settembre, avremmo dovuto giocare con Bosnia ed Israele ad aprile. Poi ancora a ottobre-novembre con le sfide più importanti e quindi gli eventuali playoff. Sappiamo che settembre è un mese particolare: è importante che le ragazze arrivino con minuti sulle gambe, con partite giocate ed una preparazione adeguata come tempi. Se guardiamo all’estero, i loro calendari iniziano a fine estate e poi si fermano in inverno: potrebbe essere un modo per allinearsi a un mondo tra i più competitivi nel calcio femminile”.

Questo momento è buono per inventarsi qualcosa anche sul format? “La qualità è essenziale, per poter sviluppare il calcio femminile questo deve piacere. Italiani e italiane si sono innamorate della Nazionale femminile perché hanno visto tante cose, tra cui un calcio qualitativo. Le nostre giocatrici, anche tra le giovani, sono molto brave, e vanno messe nelle condizioni per fare le giuste esperienze, a questo serve un numero ristretto di squadre. Negli USA la lega professionistica è fatta da dieci squadre, in Germania con 500.000 giocatrici hanno dodici squadre. Senza qualità si rischia di cadere nei soliti discorsi, se Cairo vuole prendere una squadra femminile ben venga, dico solo che l’anno scorso due squadre sono state ripescate in Serie A. Ora ci sono realtà dilettantistiche che sarebbero felici di avere una certezza economica con l’appoggio di una grande società. Vediamo l’Inter, che ha fatto crescere i suoi giovani dalla B”.

Mancini ha proposto un triangolare con le vostre due selezioni italiane e una con gli eroi del mondo sanitario. Che ne pensa?
“Condivido l’idea di Mancini, non so se lui intendeva un triangolare o una sfida a squadre miste. Il luogo dovrebbe essere Bergamo, che rappresenta la difficoltà dell’intero paese, così da poter portare un po’ di gioia ed emozione, condividendole con questi eroi. Mi sembra il posto giusto”.

Inoltre, si parlava di Italia-Danimarca a Brescia. Una sua proposta… “Ho parlato di quella città perché assieme a Bergamo è la città che ha sofferto di più il Coronavirus, e perché ha una grande tradizione di calcio femminile. Il Brescia, assieme a Torres e Verona, sono quelle tre società che hanno tenuto in piedi il movimento, pur essendo società dilettantistiche, nei momenti più difficili. Sarebbe come dare loro un riconoscimento, perché sono state le fondamenta della crescita complessiva. In più in quelle zone ci sono tantissimi tifosi”.

Fonte: tuttocalciofemminile
BertoliniCalcio femminileItalia
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