C’è il rischio concreto che il Betting lasci il mercato italiano

Ancora più pessimista è Fabio Schiavolin, numero 1 di Snaitech, uno dei colossi del mercato: «Ci troviamo di fronte ad una cosa inaccettabile. In quanto non possiamo continuare a stare chiusi, mentre il mondo si sta preparando a ripartire. Il paradosso è che ci si aspetti legittimamente una somma a supporto dello sport (la nuova tassa ideata per il fondo “Salva Sport”, nda), ma che si possa contare solo su metà anno di attività. Il rischio è di dover anticipare somme, cosa che speriamo non sia neanche da prendere in considerazione».

Sul fronte opposto la Figc ha elaborato un documento (presentato al ministro Spadafora) sulla situazione del settore delle scommesse sportive. Nel report si sottolinea che «solo tra il 2006 e il 2019 la raccolta del betting sul calcio è aumentata di quasi cinque volte, passando da 2,1 a 10,4 miliardi di euro, e nel medesimo periodo il relativo gettito erariale è passato da 171,7 a 248,5 milioni di euro… Il finanziamento del fondo, tra l’altro, è stabilito al netto della quota riferita all’imposta unica, di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504». In sintesi la nuova norma «non determinerebbe alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica».

Il rischio finale, però, è che le aziende di scommesse possano decidere di abbandonare il mercato italiano, sia per la forte riduzione dei margini di guadagno sia per una serie di paletti (come i divieti di sponsorizzazione e pubblicità sul territorio nazionale) inseriti nel “Decreto Dignità”, oltre un anno fa, dal precedente governo gialloverde. * direttore agenzia sporteconomy.it. Fonte: CdS

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