Guglielmo Stendardo: “Il protocollo? Bisognerà trovare un punto d’incontro tra sicurezza e salute”

L'avvocato ed ex giocatore di Lazio, Juventus e Atalanta ai microfoni de "il Mattino"

Guglielmo Stendardo, ex difensore – tra le tante di Lazio, Juventus e Atalanta – ora è avvocato e insegna diritto sportivo alla Luiss.

Stendardo, con questa norma taglia-ricorsi e il potere al Consiglio Federale per eventuali nuovi format sembra proprio che il calcio abbia le armi giuste per fermarsi? «Non lo so se andrà a finire così. Certo,mi sembra questo un provvedimento assai simile a quello varato nel 2003.È evidente che a fronte di provvedimenti che verranno presi,ci sarà chi li impugnerà  e per evitare un pantano di giudizi e una estate da passare nei Tribunali, l’articolo 211 bis consente di snellire il tutto rapidamente».

Vengono cancellati ben due gradi di giustizia sportiva. «È così. Si tratta di disposizioni processuali straordinari e che non interessano solo la serie Ama tutto il calcio italiano.Con questa norma si dà maggiore autonomia alle federazioni: in caso di sospensione, verranno prese delle decisioni, tenendo conto dei meriti sportivi. Ma questo, in ogni caso,creerà degli scontenti. Il governo dà alla Figc uno strumento importante: si va direttamente alla Cassazione dello sport, ovvero al Collegio di Garanzia del Coni.Che entrerebbe nel merito dei ricorsi.Con tempi certi. I club hanno sette giorni di tempo per impugnare la decisione della Federazione e il Collegio in 15 giorni prenderà il provvedimento».

Si salta Tribunale federale e Corte d ’appello? «Certo, resta il ricorso al Tar e al Consiglio di Stato.Questo velocizza l’iter della giustizia. Evita il caos nelle intenzioni di tutti.L’ordinamento ottiene maggiore autonomia: l’organo supremo sulle classifiche finali, in caso di stop, sarà il Consiglio federale».

Il protocollo, così com’è, sembra inapplicabile per le società? «Bisogna trovare un punto di incontro tra la tutela di sicurezza e di salute e le esigenze del calcio. Ma bisogna tenere ben in vista che cosa è il calcio: è l’1 percento del Pil dell’Italia, dà lavoro a 300 mila persone.Non è facile decidere adesso,ma è evidente che non si può perdere altro tempo».

Il faro è il modello della Bundesliga? «L’impressione è che sia fatto bene. Il comitato tecnico scientifico della Protezione civile non lo ha preso come modello,ma mi pare che su certi aspetti vada seguito. Mi pare che la parte in cui viene messo al centro delle responsabilità il medico sia particolarmente eccessivo.Un medico di una società può essere responsabile di quello che fa da medico, non certo nell’organizzazione totale di un ritiro. Sotto questo aspetto la Germania si è mossa assai meglio».

L’Udinese invoca uno scudo per tutti, sia penale che civile? «Il rispetto del protocollo, sia pure particolarmente rigido,può essere di per sé lo scudo. Se rispetto le norme, gli obblighi inseriti nel protocollo,per quali colpe posso essere chiamato in giudizio?Ecco,basterebbe chiarire bene questo aspetto».

Due gli aspetti che il calcio contesta: la durata della quarantena e il ritiro prolungato? «Io credo che sia fondamentale per tutti ripartire.Mi auguro che vengono rispettate anche le esigenze dei calciatori. La via dell’isolamento del singolo calciatore in caso di positività mi sembra quella più logica, la strada tedesca è quella da prendere a esempio.Ma quel che conta, in ogni caso, è il rispetto delle regole. Trovare un’intesa sui vari punti è fondamentale, tenendo conto che il vero nemico è invisibile ed è il virus».

La Germania, però, il ritiro chiuso per 14 giorni le squadre lo hanno fatto. «Il protocollo del Cts è rigido. Pure secondo me chiudersi in un hotel in questa fase sarebbe l’ideale. Io penso che servirebbe un raduno tipo bunker, dove tutti per due settimane debbano restare in un hotel, non solo calciatori. Spero che queste ore possano aiutare a modificare ciò che a tutti non va giù. Ripeto: ripartire è fondamentale,ma solo in caso in cui avvenga in un quadro di sicurezza sanitaria».

A cura di Pino Taormina (Il Mattino)

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