Ottavio Bianchi ha scelto maggio – giovedì 14 – per l’uscita dell’autobiografia «Sopra il vulcano: il campo, lo scudetto, la vita», scritta con la figlia Camilla, giornalista dell’Eco di Bergamo che ha raccolto i ricordi del padre. Abbiamo estrapolato uno dei tanti capitoli:
Di quello scudetto perso nell’88 s’è detto tanto, anzi troppo. Quante perfide ricostruzioni. Le minacce della camorra per le scommesse? Un patto calcistico-industriale con Berlusconi? L’inizio della rivolta dello spogliatoio contro l’allenatore? Il crollo fisico del Napoli di fronte al vigore atletico del Milan? Bianchi dà questa interpretazione: «Quando la strada sembrava spianata e il risultato acquisito, è iniziata la corsa al rinnovo del contratto». L’ex allenatore («Ho lasciato questo mondo prima dei sessant’anni perché non era più il mio») aveva avvisato Ferlaino: «Appena vinto lo scudetto fate quello che volete, ma non prima: sarebbe estremamente pericoloso». Ma poi – spiega oggi alla figlia cronista – qualche giorno dopo vide il presidente annunciare in tv il rinnovo di Maradona e a quel punto lo spogliatoio implose, con altri calciatori che pretesero i prolungamenti anche dei loro contratti, mentre il capitano scivolava verso l’abisso. L’uomo più serio del clan argentino, il preparatore atletico Signorini, avvertì Bianchi: «D’ora in poi avrà grandi problemi con Diego». Il campione stava precipitando nell’abisso della droga. Per la prima volta l’allenatore rivela un loro duro confronto. «Un giorno, non ricordo cosa avesse combinato, gli dissi che avrebbe fatto la fine di un pugile suonato, allo sbando. Vuoi proprio finire come Monzon? gli chiesi a muso duro». Monzon, uno dei miti argentini. Campione del mondo dei pesi medi, si rovinò dopo aver chiuso con la boxe. Fu condannato a 11 anni di carcere per avere strangolato la moglie Alicia. Uscito per buona condotta, morì a 52 anni in un incidente stradale: l’auto sbandò nella corsia di sorpasso, in quello schianto c’era tutta la sua folle vita. E Diego come reagì? «Lei ha ragione, mi rispose, ma io voglio vivere la vita con il piede che spinge sull’acceleratore. In quel momento mi resi conto che non c’era niente da fare».
A cura di Francesco de Luca (Il Mattino)