Dopo le notizie di questi giorni, di atleti probabilmente contagiati dal coronavirus ad ottobre nel corso delle Olimpiadi militari svoltesi a Wuhan, epicentro mondiale della pandemia, un brivido attraversa tutto il mondo dello sport italiano. A Marcianise, da diversi decenni capitale mondiale del pugilato, si ripensa agli scorsi mesi invernali, quando nelle palestre di boxe una vera e propria epidemia influenzale ha colpito molti atleti. All’epoca non si conoscevano ancora i sintomi del Covid 19; con il senno di poi, però, comparando alcuni segnali indicativi della malattia, il sospetto del contagio è più che lecito. Da Marcianise, il 17 ottobre scorso, partirono per Wuhan tre pugili ed il loro coach: Raffaele Di Serio, Francesco Maietta e Paolo Di Lernia, capitanati dal tecnico Michele Cirillo, tutti appartenenti al gruppo sportivo dell’Esercito. Dopo la trasferta cinese sono ritornati a Marcianise dove, sebbene per brevi periodi, hanno frequentato anche le palestre locali, da cui peraltro provengono. Nell’ambiente si racconta di febbre e tosse persistente e resistenti agli antibiotici, trasmesse ai parenti più prossimi al ritorno in Italia.Nei mesi di novembre e dicembre si sono contate – e questo è un dato certo – lunghe defezioni per motivi di salute dagli allenamenti da parte di atleti che frequentavano le stesse palestre dove erano tornati ad allenarsi i pugili reduci da Wuhan. E ad ammalarsi sono stati i componenti di intere famiglie di questi atleti, in un meccanismo che oggi più che mai assume le dimensioni del contagio. Un picco anomalo, che ora viene messo in relazione al coronavirus: «Il covid qui a Marcianise è arrivato già ad ottobre».
Il Mattino