La paura più diffusa è quella di contrarre la malattia e poi di trasmetterla ai familiari. Sia alla moglie e ai figli sia ai genitori. I calciatori hanno capito che il rischio zero non esiste e non esisterà. Il presidente dell’ AIC, Damiano Tommasi, ieri a Fanpage ha spiegato: «La gestione della positività di un calciatore non può essere diversa da quella degli altri ambiti del Paese (dunque tutti i contratti stretti in quarantena, ndr) e su questo aspetto l’ultima parola sarà del protocollo al quale sarà obbligatorio attenersi. Qualche nuovo caso era da mettere in preventivo. Piuttosto è la prolungata positività di alcuni calciatori, andati oltre le tre settimane prima di negativizzarsi, ad aumentare il livello di preoccupazione. In Germania hanno già ripreso? La contagiosità tedesca non è paragonabile a quella dell’Italia. I contratti in scadenza il 30 giugno? E’ un tema delicato perché le coppe europee sono in programma ad agosto. Risposte certe non ce ne sono anche se parecchie formazioni stanno rinnovando i contratti in scadenza a fine giugno proprio per aggirare questa problematica. La posizione dell’Aic sulla ripartenza? La salute per noi viene prima di tutto. Vogliamo un protocollo sicuro, validato, semplice ed efficace. Qualcosa che ci dia certezze, che presenti la sicurezza di un rischio calcolato. Il pensiero di tante partire da affrontare in pochi mesi costringerà a far funzionare tutto perfettamente per non avere intoppi e finire la stagione 2019-20. Si corre il rischio di rimettere in moto una macchina che potrebbe fermarsi subito».
CdS