Tolosa sorge ai piedi dei Pirenei. Da qui si transita per raggiungere Lourdes. Meta di pellegrinaggio obbligatoria. Non distanti ci sono Narbonne e Carcassonne, città medioevali tra le mura. Gioielli di architettura. E più avanti la strada si inerpica verso la celebre Roncisvalle. Dentro gole e sentieri. Roncisvalle. Il minuscolo borgo dove si consumò uno degli agguati militari più celebri della storia. Fu lì che la retroguardia di re Carlo Magno, sceso in terra di Spagna per sedare la rivolta dei mori, guidata da Rolando, duca della marca di Bretagna, l’eroe al cui fianco pendeva la spada Durlindana, fu annientata dai baschi. In rivolta. E fu a Tolosa, città nella quale l’arcano ed il suo sortilegio sopravvivono tra i segreti dei giganteschi Pirenei che il destino tese uno dei suoi agguati calcistici tra i più mortali. Ad un dio del football. Un eroe della pedata. Come eroe era quel conte Rolando che tra quelle gole trovò la sua fine gloriosa. Un eroe del calcio il cui nome risuona perfino tra queste montagne. In maniera riverente. Diego Armando Maradona. Il Napoli dello scudetto ’86, uno dei più forti di ogni tempo, visse una delle sue serate più malinconiche e beffardamente tristi in terra di Francia. In una notte di inizio ottobre. Carnevale aveva risolto la partita di andata. Un golletto, si disse, ma che sarebbe potuto bastare. Ma al ritorno, nel minuscolo stadio Municipal, un impianto dove all’ epoca si esibiva anche lo Stade Toulousain, la compagine di rugby più titolata di Francia, Jannick Stopyra, genietto sregolato anche della nazionale transalpina, prediletto da Platini, regolò i conti. Il resto lo fece l’ambiente, che sollevò il piccolo Tolosa sulle spalle del suo frastuono infernale, issandolo di fronte alla maestà di Diego Maradona, e del suo favoritissimo Napoli. La partita fu scialba. Si trascinò fino al novantesimo con il Tolosa in vantaggio per uno a zero, come a Fuorigrotta, e con gli azzurri irriconoscibili. Avvolti nel bozzolo di una paura incombente. Tramortiti anche immediatamente dal gol del fantasista francese. Che spense gli azzurri come una candela nel vento. Bianchi mise in campo una formazione inedita. Con Volpecina finta ala sinistra. E fu subito chiaro che si era saliti tra i Pirenei per difendere il gol dell’ andata. Il Tolosa, facendo molto onore anche alla squadra di rugby, incanalando la partita sui binari della cattiveria, sospinse il Napoli prima sul burrone dei supplementari. E poi nel baratro dei calci di rigore. Buffo fu il fatto che, sul morire del match, proprio Diego salvò sulla linea di porta. Ritardando soltanto l’ eliminazione. Il destino gli tese molti tranelli, quella sera. Nella disfida dei rigori sbagliò Stopyra. Proprio lui. E parve che filasse tutto secondo i dettami della logica. Sofferenza, tribolazione, la squadra meno blasonata che spinge il cuore oltre l’ostacolo. Quelli più forti, però, che quell’ ostacolo saltano. Andando avanti. Ma poi sbagliò Bagni. Si fece parare il tiro. A mezz’altezza. E lo stadio si accese. Fiammeggiando. Quando sul dischetto andò Tarantini. Campione del mondo con l’Argentina. Il terzo scherzo del destino. Mise la palla nell’angolo di Garella, a destra. E toccò a Diego. Che posò la sfera sul disco degli undici metri. Le mani nei fianchi. Lo sguardo fisso sul portiere. Tranquillo. Sicuro. Come tutti erano sicuri, i suoi compagni e nelle case. Lontani dai Pirenei. A Napoli. Diego si preparò, ed allora accadde una cosa. Lo schermo del televisore sfarfallò. Si oscurò. L’ immagine andò via. Mentre il fuoriclasse argentino tirava. Ancora uno sberleffo di quel destino. Neppure gli dei guardarono. Non vollero, forse. Si udì solo la voce di Pizzul. Strozzata, concitata. E poi l’ immagine tornò. Si vide il portiere del Tolosa con le mani sollevate, la sfera che rimbalzata verso il campo. E sapremmo che Diego aveva sbagliato. Di pochi centimetri. Cogliendo il palo. Lo si vide camminare con le mani nei fianchi, stavolta malinconico. Mentre i flash dei fotografi lo circondavano. Disdegnando in un paradosso sepolcrale la gioia di quelli del Tolosa che esultavano nella piramide imperfetta di un mucchio di maglie una sull’altra. Il Napoli fu eliminato. Gli dei del calcio si divertirono molto, quella sera. Con Roncisvalle così vicina, non sarebbe mai potuto essere altrimenti.
a cura di Stefano Iaconis