Enrico Castellacci, storico medico della Nazionale di calcio dal 2004 al 2018 e attuale presidente della Libera Associazione Medici Italiani del Calcio (Lamica), ha rilasciato alcune dichiarazioni:
Quando ha capito che l’Italia nel 2006 avrebbe potuto vincere il Mondiale?
“Era un’idea che avevamo tutti, ma la ricacciavamo per la paura che portasse male. In realtà eravamo perfettamente consci che Marcello (Lippi) aveva creato La Squadra, compatta, fatta di giocatori eccezionali. Noi siamo partiti da Coverciano per andare a Berlino senza l’ombra di un tifoso. Immaginate la tristezza di essere sul pullman, partire per il Mondiale e non avere un tifoso che inneggia alla Nazionale. In Germania trovammo coloro che ci lavoravano e cominciammo a esaltarci”.
Qual è stata, secondo lei, la gara clou?
“La partita clou, senza dubbio, è stata la semifinale contro la Germania. La partita contro la Nazione di casa, nello stadio che, come dicevano loro, “non aveva mai visto perdere i bianchi di Germania”. Settantamila persone con uno spicchio italiani. Giocammo una partita incredibile, anche “scarognati” con due legni (Gilardino e Zambrotta). Noi lì abbiamo vinto perché abbiamo dimostrato di essere più forti”.
Come l’ha vissuta?
“Quando è finita mi sono dilungato sulla panchina, dicendo tra me e me “Ma è possibile che abbia avuto di poter vivere un momento simile?”. Tutti gli altri erano andati negli spogliatoi. Per questo, sempre pensando che avrei vissuto una finale mondiale, mi sono avviato verso lo spogliatoio. Sui gradini dello spogliatoio ho incontrato Klinsmann (Jurgen, ct della Germania). L’ho guardato pensando che era l’allenatore dei tedeschi, che aveva perso la possibilità di giocare una finale del Mondiale con la Germania in Germania. Ero imbarazzato. Ci siamo guardati negli occhi e gli ho detto: “Dire che mi dispiace non posso dirtelo, però che ti capisco umanamente sì”. Lui mi ha risposto: “Non ti preoccupare Enrico, ricordati che siete i più forti”.
Ma invece i rigori di Italia-Francia li ha guardati o era girato per la paura?
“Li ho guardati tutti. La dovevo vivere fino all’ultimo. Devo dire che vedevo tanta certezza nei giocatori. Non c’è stato nessun giocatore che si è tirato indietro. Tutti volevano tirare il rigore, anche Gigi (Buffon). Non vedevi il giocatore che faceva finta di non vedere. Bellissimo quando disse a Grosso di battere l’ultimo rigore. Davanti a Fabio scettico Marcello gli disse: “Ricordati, tu sei sempre stato l’uomo dell’ultimo minuto, quindi segnerai l’ultimo rigore”. Così è stato. Sotto il cielo di Berlino abbiamo alzato quella Coppa”.
Tornando indietro di qualche minuto, cosa ha pensato davanti alla testa di Zidane a Materazzi?
“Non l’ho vista, come nessuno dalla panchina. Poi ho visto Marco a terra e sono entrato in campo, ma senza aver visto quello che era successo. Quando sono arrivato vicino a lui gli ho chiesto cosa fosse accaduto. Marco mi ha risposto: “Mi ha dato una testata”, riferendosi a Zizou. Lì per lì sono rimasto esterrefatto. Poi mi ha detto: “Ma lo ha espulso?”. Gli ho detto di no e si è ributtato giù. Ci siamo alzati, siamo corsi verso il guardalinee che non aveva visto niente. Poi il quarto uomo, che si era accorto di tutto, ha comunicato al guardalinee e all’arbitro quanto accaduto. Davanti a noi ha poi espulso Zidane. Un grande giocatore. L’ho guardato quando usciva con lo sguardo triste. Era la sua uscita di scena dalla vita calcistica. Quella è stata l’ultima sua partita. Zidane è passato vicino alla Coppa senza neanche guardarla”.
A proposito di rinascita, la nuova Nazionale ha parlato molto di rinascimento, a partire da una maglia verde. Pensa che ci sia questa possibilità?
“La maglia verde è stata emblematica, ma io sono rimasto legato all’azzurro. Per me la maglia della Nazionale deve e dovrà essere sempre azzurra, anche se accetto simbolicamente la maglia verde come simbolo di rinascita. Questa è una Nazionale giovane, molto bella. A me piace. Mancini (Roberto, ct della Nazionale) ha messo su una bella squadra. Peccato non aver potuto fare questo Europeo, avrebbe potuto dare delle sorprese piacevoli. Comunque le darà, perché sono giovani calciatori e possono solo migliorare”.
Chi temeva di più le sue cure? Totti?
“Francesco è sempre stato sorridente. Si faceva far tutto tranquillamente. Balotelli era quello che aveva timore di tutto, appena lo si toccava, specialmente sulle ginocchia. Ma alla fine il timore è umano”.
Dalla più grande gioia all’incubo di Italia-Svezia. Cosa si ricorda di De Rossi che dice “Perché devo entrare io e non Lorenzo (Insigne)?
“Fu una frase buttata lì perché ricca di emozioni. La palla non entrava, tutti erano nervosi. Lui pensò che era meglio un attaccante di un centrocampista, venne inquadrato e ha fatto storia. Faceva parte del momento drammatico che stavamo vivendo, una partita stregata. Le qualificazioni erano comunque andate bene, perdendo una sola gara con la Spagna in Spagna. Fa parte della storia, ci farà ancora più piacere quando si rinascerà con la Nazionale. La vita è fatta così, si cade e si rinasce”.